Vedute, balconi e distanza tra fondi: il concetto di pubblicità della strada

Cosa si intende per strada pubblica ai fini dell’esenzione dal rispetto delle distanze tra due proprietà per l’apertura di vedute dirette e balconi. Cassazione, Sez. 2, Ordinanza n. 27724 del 12/10/2021

a cura dell’avv. Andrea Diamante

Nell’ambito di un procedimento che vedeva soccombenti gli attori che instavano l’accertamento e la dichiarazione dell’illegittimità dell’apertura di vedute nello stabile di proprietà dei convenuti dirette sul proprio fondo, realizzate a distanza inferiore di quelle legali di un metro e mezzo ex art. 905 c.c. ed a quelle previste dal piano regolatore generale, e al contempo la chiusura o l’eliminazione delle vedute stesse, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare i principi di diritto in materia, con riferimento a cosa debba intendersi per strada pubblica ai fini dell’esenzione dal rispetto delle distanze tra due proprietà per l’apertura di vedute dirette e balconi.

Distanza per l’apertura di vedute dirette e balconi

E’ appena il caso di ricordare quanto recita la disposizione in esame.

A mente dell’art. 905 c.c., non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi è la distanza di un metro e mezzo, così come non si possono costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permettano di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi è la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere.  Tuttavia il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi è una via pubblica.

La Suprema Corte si inserisce nella deroga concessa dal legislatore che muove proprio sulla qualificazione della strada che separa i due fondi come “pubblica”, da cui discenderebbe la possibilità di aprire vedute dirette e balconi o costruire le opere anzidette in deroga della distanza enunciata. Proprio la corretta attribuzione della qualità di “pubblica” alla via che separa i fondi permette di comprendere quando è possibile derogare alla distanza legalmente imposta.

Rilava la pubblicità dell’uso della strada e non la sua appartenenza all’ente pubblico

Secondo la Corte di Cassazione, ai fini dell’esenzione dal rispetto delle distanze di cui all’ultimo comma dell’art. 905 c.c. a rilevare non è tanto l’appartenenza del suolo su cui il passaggio si esercita ad un ente pubblico o ad un privato, ma la pubblicità dell’uso al quale quel passaggio è destinato.

Infatti, l’esonero dal divieto si fonda sull’identificazione della strada pubblica come uno spazio dal quale chiunque può spingere liberamente lo sguardo sui fondi adiacenti. Di talché se alla porzione di strada di proprietà comunale hanno accesso i soli confinanti è indubbio che la stessa non possieda il carattere di uso pubblico richiesto dall’art. 905 c.c. per derogare alla distanza minima tra le costruzioni.

Perché si possa parlare di strada pubblica ai fini dell’esonero dal rispetto delle distanze nell’apertura di vedute dirette e balconi, ex art. 905 c.c., comma 3, occorre invero che la destinazione della strada all’uso pubblico risulti da un titolo legale, il quale può esser costituito da un provvedimento dell’autorità o da una convenzione con il privato, anche dall’usucapione ove risulti provato l’uso protratto del bene privato da parte della collettività per il tempo necessario all’acquisto del relativo diritto, restando peraltro escluso che a tal fine rilevi un uso limitato ad un gruppo ristretto di persone che utilizzino il bene uti singuli, essendo necessario un uso riferibile agli appartenenti alla comunità in modo da potersi configurare un diritto collettivo all’uso della strada e non un diritto meramente privatistico a favore solo di alcuni determinati soggetti.

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L\'autore

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.