Affidamento condiviso e collocazione prevalente: rileva il benessere del minore. Cassazione 3652/2020

affidamento condiviso

Affidamento condiviso e collocazione prevalente: rileva l’interesse del minore. Cassazione, Ordinanza 18 ottobre 2019 – 13 febbraio 2020, n. 3652

La Massima

a cura dell’avv. Andrea Diamante e dell’avv. Eleonora Pedevillano

In tema di regolamentazione dei rapporti tra genitori non conviventi e figli minori, è compito del giudice di merito valutare se la collocazione prevalente del minore presso la madre o il padre risponda all’esigenza di garantire il preminente interesse dei figli ad una crescita serena ed armoniosa, non potendo adottare parametri aritmetici basati su una pari ripartizione dei tempi di permanenza del minore con ciascuno dei genitori.

Ricorrendo l’affidamento condiviso, la collocazione del minore non risponde a logiche di simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, dovendo la valutazione del giudice del merito ponderare le esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere, tenendo altresì conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo.

La Nota

a cura dell’avv. Eleonora Pedevillano

Affidamento condiviso e collocazione prevalente del minore presso uno dei genitori

Con decreto del Tribunale di Reggio Calabria, confermato dalla Corte di Appello a seguito di reclamo, era stato disposto l’affidamento condiviso di una minore con residenza prevalente presso la madre, ritenuto che lo spostamento della residenza avrebbe provocato, per la bambina, un inutile turbamento alla sua originaria ed attuale condizione di convivenza con la madre, caratterizzata da un clima di serenità.

Secondo i Giudici di merito, la richiesta del padre di disporre una convivenza paritaria, in termini di tempo con entrambi i genitori, non avrebbe garantito il prevalente interesse della minore ad una crescita serena e equilibrata. Invero, una volta valutata positivamente la capacità genitoriale di entrambi i genitori, occorre principalmente tenere conto dell’esigenza di stabilità del minore e di garantire il suo rapporto con la madre nella fase della prima infanzia.

Pertanto, una decisione sulla sua residenza basata in linea principale sugli orari di lavoro dei genitori, sarebbe riduttiva e non confacente all’interesse della figlia.

Affidamento condiviso e collocazione prevalente: prevale il benessere del minore

Ricorreva per la cassazione della sentenza il padre, lamentando che la Corte di Appello aveva omesso di valutare la circostanza di fatto per cui la collocazione prevalente presso la madre fosse stata inizialmente disposta con i provvedimenti provvisori in primo grado, in assenza di una adeguata istruttoria, oltre alla circostanza di fatto relativa alla minore compatibilità dei turni di lavoro della madre con il tempo a disposizione della figlia e l’erronea applicazione dell’art. 337-ter c.c. nella parte in cui la Corte di appello ha affermato che “i principi che presiedono alla regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli non si identificano, ancora una volta, in parametri aritmetici, vale a dire in una simmetrica ripartizione dei tempi di permanenza della minore con ciascuno dei genitori“.

La Suprema Corte rigettava tutti i motivi di ricorso, ritenendo che i Giudici di merito avessero correttamente valutato le circostanze prospettate dal ricorrente, recependone ed integrando il principio di diritto ivi formulato secondo cui “la regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dalla esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo”.

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Cassazione, Ordinanza 18 ottobre 2019 – 13 febbraio 2020, n. 3652

Svolgimento del processo

Il sig. M.L.P.M. ricorre per cassazione avverso il decreto n. 3677/2018 con il quale la Corte di appello di Reggio Calabria ha respinto il reclamo proposto dal sig. M. avverso il decreto in data (OMISSIS) del Tribunale di Reggio Calabria con il quale era stato disposto l’affido condiviso della minore M.G.P. con residenza prevalente presso la madre R.L.B.M., l’assegnazione a quest’ultima della casa familiare, la regolazione dei tempi del diritto di frequentazione del padre, l’obbligo per quest’ultimo di corrispondere alla sig.ra R. un assegno mensile di Euro 200,00 rivalutabili annualmente secondo indici ISTAT e il 50% delle spese straordinarie quale contributo al mantenimento della figlia M.G.P..

La Corte di appello ha ritenuto che le domande del sig. M. non fossero fondate in quanto lo spostamento della residenza della piccola G.P. provocherebbe un inutile turbamento alla sua originaria e attuale condizione di convivenza con la madre rispetto alla quale non sussistono elementi di disagio o di inopportunità. La richiesta di disporre una convivenza paritaria in termini di tempo con entrambi i genitori comporterebbe anche essa un ingiustificato sconvolgimento della condizione attuale in vista di una condizione più faticosa e destabilizzante per la figlia. Infine la regolamentazione dei tempi e delle modalità di esercizio del diritto di frequentazione della figlia da parte del padre si basa sulle indicazioni dei servizi sociali che devono considerarsi rispondenti all’interesse della minore perchè consentono un ampio spazio relazionale con il padre senza turbare i ritmi di vita della bambina e la sua relazione con la madre. La Corte di appello ha rilevato che non vi è stata omessa pronuncia sulla richiesta del sig. M. di prevedere un tempo fisso giornaliero di conversazione audio-video del padre con la figlia perchè tale richiesta, proposta dal M. ex art. 709 ter c.p.c., era stata originariamente accolta dal g.d., sia pure con la previsione che tali conversazioni dovessero rispettare le esigenze della bambina e i limiti derivanti dalla sua tenera età, ma era stata poi revocata implicitamente nel successivo provvedimento del

g.d. e non aveva più costituito oggetto di richiesta nelle conclusioni finali rassegnate dal sig. M.. Con il ricorso per cassazione il sig. M. fa valere i seguenti motivi di impugnazione: a) art. 360 c.p.c., n. 5 Omessa valutazione della circostanza di fatto per cui la collocazione prevalente presso la madre della minore G.P. fosse stata inizialmente disposta con i provvedimenti provvisori in primo grado, in assenza di una adeguata istruttoria e di una convergenza di posizioni fra i genitori della minore, non potendo perciò il giudice dell’appello far discendere la presunta stabilità della esistenza della minore da un assenso nascente dalla dovuta esecuzione di un provvedimento giudiziale temporaneo, da subito contestato e comunque impugnato una volta divenuto definitivo; b) art. 360 c.p.c., n. 5. Omessa valutazione della circostanza di fatto relativa ai turni lavorativi della sig.ra R., documentati nel relativo prospetto esibito dalla medesima nel procedimento di primo grado, alla udienza del 5.4.2016, e delle circostanze di fatto inerenti l’assetto relazionale tra i due ex conviventi e tra ciascuno di essi e la minore, per come analizzato e tratteggiato dai Servizi sociali del Consultorio familiare nonchè dalle deduzioni tecniche a firma del prof. Z.R.; c) art. 360 c.p.c., n. 3 Erronea applicazione dell’art. 337 ter c.c. per come inserito dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, art. 55 con decorrenza dal 7.2.2014, nella parte in cui la Corte di appello ha affermato che “i principi che presiedono alla regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli non si identificano, ancora una volta in parametri aritmetici, vale a dire in una simmetrica ripartizione dei tempi di permanenza della minore con ciascuno dei genitori”; d) art. 360 c.p.c., n. 5. Omessa valutazione della circostanza di fatto per cui con il provvedimento reso in primo grado, alla udienza del 5.7.2016 il giudice delegato aveva autorizzato un contatto telefonico quotidiano tra padre e figlia, provvedimento che non può ritenersi implicitamente revocato per l’avvenuta rinuncia al ricorso proposto ex art. 709 ter c.p.c. in corso di causa.

Si difende con controricorso R.L.B.M..

Motivi della decisione

che:

Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè nonostante il richiamo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 non indica un fatto il cui omesso esame risulti decisivo nell’economia della decisione impugnata. Evidentemente la decisione immediata concernente l’affidamento della minore non poteva che essere adottata sulla base di una valutazione immediata e allo stato degli atti. Ma tale valutazione si è dimostrata fondata, secondo la valutazione del giudice del merito, all’esito della successiva istruttoria. Esplicitamente la Corte di appello ha poi motivato in ordine alla richiesta non accolta di esaminare e tenere conto degli incontri dei due ex conviventi presso il Consultorio familiare dai quali emergerebbe la refrattarietà della sig.ra R. a parteciparvi e la sua volontà di non riaprire un dialogo con il sig. M.. La Corte distrettuale ha infatti ribadito la non rilevanza di tali circostanze rispetto al thema decidendum concernente esclusivamente la minore e il suo rapporto con i genitori che si era svolto senza ostacoli anche dopo la separazione.

Il secondo motivo è infondato perchè la Corte di appello e prima ancora il Tribunale hanno pienamente valutato le prospettazioni dell’odierno ricorrente in merito alla maggiore compatibilità dei suoi orari di lavoro con il tempo a disposizione della figlia. Così come hanno ampiamente valutato la idoneità genitoriale di entrambi e il rapporto della piccola G.P. con il padre e la madre. All’esito di questa valutazione, e tenendo conto in misura rilevante della esigenza di stabilità della bambina e del suo rapporto con la madre, nella fase della prima infanzia, sia il Tribunale che la Corte di appello hanno ritenuto maggiormente rispondente a una crescita serena e equilibrata della minore la sua convivenza con la madre con un ampio riconoscimento della relazione e della frequentazione con il padre. In questa prospettiva è apparsa riduttiva e non confacente all’interesse di M.G.P. una decisione sulla sua residenza basata in linea principale sugli orari di lavoro dei genitori. Si è già detto invece circa la non rilevanza dei rapporti tra i due ex conviventi e sull’ampio esame che la Corte di appello ha compiuto sugli esiti dell’istruttoria e sulle valutazioni espresse dai consulenti e dai Servizi sociali.

Il terzo motivo è infondato perchè il principio cui si è ispirata la Corte di appello nella sua decisione è corretto e va recepito e integrato nel principio di diritto per cui:

la regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dalla esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo.

Infine il quarto motivo è infondato perchè, come ha ben spiegato la Corte di appello, il provvedimento che autorizzava il contatto telefonico giornaliero era comunque subordinato alle esigenze della minore e si era rivelato inadeguato perchè vissuto in un clima conflittuale che si prestava a possibili strumentalizzazioni della figlia da parte dei genitori. Di conseguenza esso è stato implicitamente revocato ed è questa la ragione, unitamente alla mancata esplicita riproposizione della richiesta da parte del sig. M., per cui non è stato previsto alcunchè nel dispositivo della decisione finale del Tribunale. Tuttavia la richiesta è stata comunque valutata e

ritenuta infondata dalla Corte di appello che al riguardo ha espresso un giudizio discrezionale motivato e non sindacabile in questa sede.

Il ricorso va pertanto respinto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

Il procedimento è esente dall’applicazione del contributo e pertanto non si applica la disposizione di cui al

D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 3.600 Euro di cui 200 per spese, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Dà atto della insussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Dispone omettersi l’indicazione dei nominativi e di ogni altro riferimento identificativo delle parti e della minore in caso di pubblicazione della presente ordinanza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020.

L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento scientifico di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.