Omesso pagamento delle rate del premio: legittimo negare il riscatto della polizza assicurativa

Omesso pagamento delle rate del premio: legittimo negare il riscatto della polizza assicurativa

La clausola che nega il riscatto della polizza a fronte dell’omesso pagamento delle rate del premio assicurativo non è vessatoria. Cassazione, Sezione VI civile, Ordinanza 27 agosto 2020 n. 17912.

La Massima

A cura dell’avv. Andrea Savoca

La clausola contrattuale contenuta nella polizza assicurativa in forza della quale, in caso di mancato pagamento di una sola rata di premio, il contratto di assicurazione si intende risolto di diritto, con facoltà della compagnia assicuratrice di trattenere i premi corrisposti, non può ritenersi in alcun caso vessatoria, non essendo ricompresa tra le c.d. clausole vessatorie previste dall’art. 1341 c.c..

La Nota

A cura dell’avv. Andrea Savoca

Negato il diritto al riscatto della polizza in caso di mancato pagamento dei premi: clausola vessatoria?

Il giudice dell’appello, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava l’insussistenza del diritto dell’assicurata al riscatto della polizza assicurativa conclusa con una compagnia poiché la stessa si era limitata al solo pagamento della prima rata di premio senza corrispondere nessuna delle successive.

A fondamento di tale decisione, evidenziava, diversamente da quanto sostenuto dall’assicurata, come la clausola contrattuale contenuta nella polizza in oggetto – in forza della quale, in caso di mancato pagamento di una sola rata di premio, il contratto di assicurazione si sarebbe risolto di diritto, con facoltà della compagnia assicuratrice di trattenere i premi corrisposti – non poteva ritenersi in alcun caso vessatoria.

Ciò in quanto, in primis, essa, da intendersi quale clausola risolutiva espressa, non era ricompresa tra le c.d. clausole vessatorie previste dall’art. 1341 c.c., ed in secundis poiché, detta condizione si limitava a riprodurre pedissequamente il contenuto dell’art. 1924 c.c., con la conseguente esclusione della relativa vessatorietà ai sensi dell’art. 1469 ter, co. 3, c.c. (applicabile ratione temporís).

Avverso il provvedimento sfavorevole, l’assicurata, proponeva ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento da parte del giudice di seconde cure della illegittimità della clausola in contestazione non avendone verificato la vessatorietà sotto il profilo dello squilibrio delle posizioni contrattuali dei contraenti.

Non è vessatoria la clasuola con cui si nega il diritto al riscatto della polizza in caso di mancato pagamento dei premi

La Corte, nel ritenere infondato il motivo di ricorso, ha preliminarmente ricordato il principio di diritto ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la clausola risolutiva espressa (tale dovendo indubitabilmente qualificarsi la condizione contrattuale in contestazione) attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per un determinato inadempimento della controparte, dispensandola dall’onere di provarne l’importanza (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 17603 del 05/07/2018).

Disattendendo dunque la tesi difensiva, la Corte ha affermato, la non vessatorietà della detta clausola, poiché essa non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dall’art. 1341, co. 2, c.c., neanche in relazione all’eventuale aggravamento delle condizioni di uno dei contraenti derivante dalla limitazione della facoltà di proporre eccezioni, in quanto la possibilità di chiedere la risoluzione è connessa alla stessa posizione di parte del contratto e la clausola risolutiva si limita soltanto a rafforzarla.

Ad abbundantiam e sotto altro profilo, la Corte ha altresì evidenziato come nel caso di specie, in ogni caso, il giudice a quo ha correttamente escluso, ex art. 1469 ter co. 3 c.c. (applicabile ratione temporís), la configurabilità del carattere vessatorio della clausola contrattuale in oggetto, poiché si trattava di una condizione contrattuale meramente ripetitiva di disposizioni di legge e segnatamentente dell’art. 1924 c.c., ai sensi del quale “se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto, e i premi pagati restano acquisiti all’assicuratore…”

Ebbene, alla luce delle superiori argomentazioni, esclusa la vessatorietà della clausola in oggetto, la Corte, come sopra anticipato ha rigettato il ricorso.


L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica