È estosione la minaccia del parcheggiatore abusivo volta a fare spostare l’auto

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La minaccia del parcheggiatore abusivo finalizzata a far spostare una macchina al fine di lucrare sul posteggio configura il reato di estorsione. Cassazione, Sezione II penale, Sentenza 12 febbraio 2020, n. 16030.

La Massima

A cura dell’avv. Andrea Savoca

La richiesta di spostare l’autovettura da parte del soggetto stabilmente dedito all’attività di parcheggiatore abusivo, rappresentando eventi nefasti all’indirizzo della vittima e della stessa automobile, con l’obiettivo di lucrare da quel preciso posto del parcheggio somme non dovute (rectius, l’ingiusto profitto), integra la minaccia costitutiva del delitto di estorsione.

La Nota

A cura dell’avv. Andrea Savoca

Parcheggiatore non autorizzato minaccia l’automobilista di spostare l’auto: estorsione o violenza privata?

L’imputato, nello svolgimento dell’attività di parcheggiatore abusivo, aveva rivolto alla persona offesa precise minacce dirette ad ottenere un il pagamento di una somma di denaro ovvero, in ragione del rifiuto opposto dalla stessa, dallo spostamento del mezzo in altra sede al fine di permettere il parcheggio ad altri per così ricavarne analoghi guadagni. Minacce che non sortivano l’effetto desiderato, in quanto la persona offesa non aveva dato seguito a quanto intimato.

In parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte di appello riqualificava il fatto contestato all’imputato come tentata estorsione ex art. 629 c.p. e art. 56 c.p. nel meno grave reato di tentata violenza privata ex art. 610 c.p., non ritenendo la di lui condotta idonea ad ottenere un ingiusto profitto.

Avverso la sentenza di secondo grado il Procuratore Generale proponeva ricorso per cassazione deducendo l’errata applicazione della legge penale in relazione alla disposta riqualificazione.

E’ estorsione la condotta del parheggiatore abusivo che minaccia di far spostare l’auto con l’obiettivo di procurarsi da quel posto del parcheggio un ingiusto profitto.

In riferimento al soggetto dedito all’attività di parcheggiatore abusivo, è orientamento  consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui commette il reato di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni colui che, con violenza o minaccia, pretenda il pagamento di un compenso per l’attività di parcheggiatore abusivo (Sez. 2, n. 15137 del 09/03/2010, Rv. 247034). Ciò in quanto la richiesta del pagamento di una somma di denaro promanante da un posteggiatore non autorizzato, che utilizza poi forme di violenza e di minaccia prospettando un male futuro alle cose od alla persona, configura una pretesa illegittima.

Nel caso di specie, la richiesta dell’imputato veniva formulata al fine di ottenere l’ingiusto profitto costituito dal lucrare un compenso non dovuto dalla commercializzazione di quel posto auto, a nulla rilevando l’atteggiamento di resistenza della vittima la quale negava il pagamento richiesto.

La Corte ha rilevato l’errore del giudice di appello nel ritenere che l’imputato, in ragione dell’opposizione manifestata, mirasse soltanto ad ottenere lo spostamento dell’auto senza alcun ingiusto profitto. Invero, lo stesso era stabilmente dedito all’attività di parcheggiatore abusivo e agiva proprio al fine di lucrare da quel preciso posto auto somme non dovute, sicché la rappresentazione di eventi anche nefasti all’indirizzo della vittima e della sua autovettura integra certamente la minaccia costitutiva del delitto di estorsione, in quanto rappresentata al fine di ottenere vantaggi economici assolutamente non dovuti. Estorsione tuttavia integrata nelle forme del tentativo ritenuto che l’imputato ha posto in essere atti diretti ad ottenere mediante minaccia o violenza un ingiusto vantaggio patrimoniale cui non seguiva il danno ingiusto a causa della condotta oppositiva della persona offesa.

In conclusione, la Corte, ritenendo fondando il motivo di ricorso ed annullando con rinvio la sentenza impugnata, ha statuito che debba ritenersi integrata l’ipotesi di estorsione tentata e non consumata poiché l’imputato ha agito al fine di realizzare vantaggi patrimoniali dalla occupazione del posto, comunque non ottenuti per ragioni indipendenti dalla sua condotta.


L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica