Offendere brandendo un’arma (un piccone) è minaccia aggravata

Proferire frasi ingiuriose brandendo un’arma (nel caso, un piccone) configura il reato di minaccia aggravata. Cassazione, Sezione V, Sentenza 9 aprile 2020, n. 11708

La Massima

A cura dell’avv. Andrea Savoca

Ai fini dell’integrazione del reato di minaccia di cui all’art. 612 c.p. non è necessaria la pronuncia di frasi aventi tale contenuto, ben potendo anche un mero comportamento presentare i connotati minatori, quando la condotta risulti oggettivamente caratterizzata da atteggiamenti marcatamente minacciosi. Non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo sufficiente che la condotta dell’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima.

La Nota

A cura dell’avv. Andrea Savoca

Inveire e brandire un’arma (un piccone) contro qualcuno integra il reato di minaccia?

In riforma della sentenza di primo grado, la Corte di appello, assolveva l’imputato dal reato di minaccia di cui all’art. 612 c.p., non avendo ritenuto minacciosa la condotta dello stesso, il quale, dopo avere ingiuriato la persona offesa per motivi di viabilità, vi si dirigeva contro, afferrando un piccone che custodiva all’interno del veicolo.

La parte civile proponeva ricorso per Cassazione lamentando violazione ed erronea applicazione di legge ritenendo il fatto storico, siccome accertato, certamente sussumibile nell’alveo dell’art. 612 c.p..

E’ minaccia aggravata brandire un’arma (un piccone) contro una persona in quanto condotta oggettivamente e marcatamente minacciosa.

La Corte, nel ritenere fondate le censure formulate in seno al ricorso, ha affermato che, ai fini dell’integrazione del reato di minaccia di cui all’art. 612 c.p., non è necessario la pronuncia di frasi minatorie, ben potendo anche un mero comportamento presentare i connotati minatori quando la condotta risulti oggettivamente caratterizzata da atteggiamenti marcatamente minacciosi (cfr. per tutte Sez. 5, n. 556 del 06/10/2003 Rv. 227660 ).

Si evidenzia, inoltre, che la minaccia deve essere valutata con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto, sicché non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo sufficiente che la condotta dell’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima, il cui eventuale atteggiamento minaccioso o provocatorio non influisce sulla sussistenza del reato, potendo eventualmente sostanziare una circostanza che ne diminuisca la gravità, come tale esterna alla fattispecie (Sez. 2, n. 21684 del 12/02/2019, Rv. 275819).

Conclude dunque annullando la sentenza impugnata, statuendo che il comportamento consistente nell’armarsi di un piccone, mostrandolo dopo aver proferito frasi ingiuriose, ben può dirsi integrante una condotta minacciosa grave ex art. 612 c.p..


L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica