Occupare un alloggio di edilizia popolare pur possedendone le chiavi è reato di invasione di edifici

In tema di occupazione di un alloggio di edilizia popolare, il possesso delle chiavi non esclude il reato di invasione di edifici e lo stato di necessità non è invocabile se non per un pericolo attuale e transitorio. Cassazione, Sezione II, Sentenza 6 luglio 2020 n. 20940.

La Massima

A cura dell’avv. Andrea Savoca e dell’avv. Andrea Diamante

In tema di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633 c.p., nel caso in cui la permanenza all’interno dell’alloggio (nel caso, di edilizia popolare) avvenga in assenza di qualsiasi titolo legittimante, il solo possesso delle chiavi dell’abitazione non è una circostanza idonea ad escludere la sussistenza del reato per asserito difetto della condizione di arbitrarietà dell’occupazione, ravvisabile invece quando l’ingresso nell’immobile altrui avvenga senza il consenso dell’avente diritto ovvero senza la legittimazione conferita da una norma giuridica o da un’autorizzazione dell’autorità. In questo caso, lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere in via definitiva l’esigenza abitativa (specie con riferimento all’edilizia popolare, destinata a risolvere le esigenze abitative dei non abbienti attraverso procedure pubbliche e regolamentate).

La Nota

A cura dell’avv. Andrea Savoca e dell’avv. Andrea Diamante

Occupazione di un’abitazione: quando l’introduzione è arbitraria?

All’esito dei due gradi di giudizio veniva condannato per il reato di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633 c.p. poiché ritenuto colpevole di aver occupato abusivamente un alloggio di edilizia popolare.

Ricorreva per la cassazione della sentenza, lamentando, per quanto qui di interesse, la mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, ritenendo, nello specifico, insussistente il necessario preupposto dell’arbitraria introduzione nell’abitazione atteso che dalla ricostruzione dei fatti era emerso che il ricorrente ne aveva il possesso delle chiavi, nonché la violazione ed erronea applicazione della legge penale con riferimento alla scriminante dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p., ritenendo riconduvibile nel concetto di “danno grave alla persona” anche la mancanza di un’abitazione, essendo il diritto all’alloggio un bisogno primario della persona.

Occupare un alloggio in assenza di titolo legittimante pur possedendone le chiavi è reato

La corte nel disattendere la tesi difensiva e dichiare inammissibile il ricorso ha aderito all’orientamento giurisprudenziale (Sez. 2, n. 29657 del 27/03/2019; Sez. 2, n. 49169 del 27/11/2003) secondo cui nel reato di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633 c.p. la nozione di “invasione” non si riferisce all’aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce arbitrariamente, ossia “contra ius”, in quanto privo del diritto d’accesso, cosicché la conseguente occupazione costituisce l’estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l’abusiva invasione. Poi, se l’occupazione si protrae nel tempo, il delitto ha natura permanente e la permanenza cessa soltanto con l’allontanamento del soggetto o con la sentenza di condanna, dopo la quale la protrazione del comportamento illecito dà luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell’invasione, ma si sostanzia nella prosecuzione dell’occupazione.

Inoltre, la Corte ha aggiunto che, ai fini dell’integrazione del reato de quo, è richiesta l’arbitrarietà della condotta,  ravvisabile in tutti i casi in cui l’ingresso nell’immobile o nel fondo altrui avvenga senza il consenso dell’avente diritto al possesso od alla detenzione ovvero, in mancanza di questo, senza la legittimazione conferita da una norma giuridica o da un’autorizzazione dell’autorità (Sez. 2, n. 8107 del 30/05/2000).

Con riferimento alla scriminante dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p. invocato dal ricorrente, la Corte fa proprio l’orientamento secondo cui, in tema di illecita occupazione di un alloggio popolare, lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa, tanto più che l’edilizia popolare è destinata a risolvere le esigenze abitative dei non abbienti attraverso procedure pubbliche e regolamentate (Sez. 2, n. 9655 del 16/01/2015, Rv. 263296). Da cui, non risultando la temporaneità dell’occupazione né la prova dell’esperimento di rimedi alternativi per la soluzione della problematica abitativa – come nel caso di specie – non è possibile invocare la causa di giustificazione in parola.

Pertanto, alla luce delle superiori e brevi argomentazioni, la Corte ha concluso statuendo che il solo possesso delle chiavi dell’immobile di edilizia popolare non è idoneo ad escludere la sussistenza del reato di invasione di terreni o edifici per difetto della condizione di arbitrarietà dell’occupazione, allorché la permanenza all’interno dell’alloggio è avvenuta in assenza di qualsiasi titolo legittimante.


L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica