Contratto preliminare: va prodotto in giudizio il documento richiamato contenente l’oggetto

Il documento richiamato dal contratto preliminare deve essere prodotto in giudizio a pena di nullità del contratto. Cassazione, Sezione II, ordinanza 19 novembre 2020 n. 26351.

La Massima

A cura dell’avv. Andrea Diamante

Ai fini della validità del preliminare di vendita di un bene immobile, l’indicazione del bene oggetto della futura vendita può essere anche incompleta, e mancare perciò dei dati catastali e degli altri elementi distintivi del bene, purchè sia certo che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o determinabile, la cui indicazione può anche essere incompleta o mancare del tutto secondo gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, a condizione che l’intervenuta convergenza delle volontà sia comunque, anche aliunde o per relationem, logicamente ricostruibile.

Nel caso di determinazione dell’oggetto del contratto preliminare per relationem in un atto destinato a formare parte integrante dell’accordo negoziale, la volontà delle parti ha inteso escludere la determinazione dell’oggetto del contratto attraverso elementi diversi da quello espressamente richiamato o attraverso il comportamento successivo delle parti.

La Nota

A cura dell’avv. Andrea Diamante

Contratto preliminare: determinazione dell’oggetto in documento richiamato nel contratto

L’attore esperiva domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c dell’obbligo di concludere il contratto preliminare di vendita immobiliare, chiedendo il trasferimento della proprietà del bene immobile promessogli in vendita, ma al minor prezzo di cui alla convenzione ex L. 865/14971 (edilizia popolare), con conseguente restituzione delle maggiori somme corrisposte al promittente venditore in forza del prezzo indicato nel contratto preliminare.

Il Tribunale accoglieva la domanda attorea di trasferimento. La Corte di appello, invece, accogliendo il motivo di appello del promissario venditore, riteneva che i beni immobili promessi in vendita non erano determinati nè determinabili in contratto, da cui la nullità ex art. 1418 c.c.. Secondo la Corte di appello, l’attore aveva depositato il contratto preliminare, ma non anche la planimetria ad esso allegata, in cui erano indicate le dimensioni e le caratteristiche dell’alloggio da realizzarsi. Dall’incontestata mancata produzione, la Corte territoriale faceva discendere la mancanza di indicazioni per identificare i beni oggetto del trasferimento coattivo. Il giudice di seconde cure riteneva che il trasferimento dovesse avvenire mediante la pronuncia giudiziale resa ai sensi dell’articolo 2932 c.c., e non mediante la stipula volontaria e consensuale del definitivo, per cui l’individuazione del bene oggetto del trasferimento con indicazione dei confini dei dati catastali doveva necessariamente risultare dal contratto e non aliunde.

Nell’interposto ricorso per cassazione, il promittente acquirente denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 1346 e 2932 c.c., nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto nullo il contratto preliminare per indeterminabilità del suo oggetto, stante il rinvio ad una planimetria allegata al preliminare ma non offerta in giudizio, in cui i beni promessi in vendita risultavano individuati. Secondo la tesi del ricorrente, nel preliminare non è necessaria l’indicazione completa di tutti gli elementi del futuro contratto, essendo sufficiente l’accordo sugli elementi essenziali, nel caso di specie rinvenibili anche mancanza della produzione della planimetria. Inoltre, trattandosi di beni ancora da costruire, non si riteneva necessaria l’indicazione degli estremi catastali del bene da trasferire, occorrendo far riferimento anche ad atti e documenti collegati.

Inoltre il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1366 e 1367 c.c., in quanto la Corte territoriale non teneva conto della comune intenzione dei contraenti, anche in considerazione del comportamento successivo dei contraenti posteriore alla conclusione del contratto, dal momento che il promissario acquirente aveva pacificamente preso possesso dei beni oggetto dell’esecuzione specifica ex art. 2932 c.c. ed era stato invitato a presentarsi dinanzi al notaio per la stipula del definitivo al prezzo pattuito.

Contratto preliminare: in giudizio deve essere prodotto il documento cui si rinvia per la determinazione dell’oggetto

La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui ai fini della validità del preliminare di vendita di un bene immobile, l’indicazione del bene oggetto della futura vendita può essere anche incompleta, e mancare, perciò, dei dati catastali e degli altri elementi distintivi del bene, purchè sia certo che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile, la cui indicazione, pertanto, attraverso gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, può anche essere incompleta o mancare del tutto, a condizione che l’intervenuta convergenza delle volontà sia comunque, anche aliunde o per relationem, logicamente ricostruibile (Cass. n. 15952/2019 e n. 1626/2020). Inoltre la Suprema Corte ricorda che si tratta di un’indagine rimessa al giudice di merito e, se sorretta da adeguata motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 7935/1997 e n. 8810/2003 n. 8810).

Invero, è stato ritenuto possibile determinare l’oggetto del contratto mediante il rinvio ad elementi esterni anche sulla base della ricostruzione della presumibile volontà delle parti (Cass. n. 14254/2012: piantine estratte dal progetto presentato al Comune per la realizzazione dell’immobile i cui elementi identificativi erano sommariamente riportati in contratto, ancorchè non fossero state prodotte in giudizio), tuttavia una tale possibilità trova un limite nel caso di individuazione per relationem in un atto destinato a formare parte integrante dell’accordo negoziale. In questo caso, infatti, la volontà delle parti ha inteso limitare la possibilità di avvalersi di elementi esterni diversi dall’atto specificamente richiamato in contratto e destinato a formarne parte integrante.

Il preciso richiamo ad uno specifico documento, che nella volontà delle parti costituisce parte integrante dell’accordo contrattuale, non permette l’individuazione dell’oggetto del contratto attraverso elementi diversi da quello espressamente richiamato o attraverso il comportamento successivo delle parti. La condotta dei contraenti, infatti, non può superare la precedente manifestazione di volontà cristallizzata nel documento allegato e espressamente richiamato ai fini dell’individuazione.

Di tal ché, l’indicazione in contratto del documento per mezzo le quale le parti intendevano determinare l’oggetto del contratto imponeva la sua produzione in giudizio, al contrario non consentendo di ritenere soddisfatto il requisito della determinabilità dell’oggetto ex art. 1346 c.c.. Diversamente opinando, si effettuerebbe una sostituzione dell’espressa ed effettiva volontà delle parti.

In tale ottica, la Suprema Corte ritiene corretta la declaratoria di nullità del contratto, non potendosi invocare la conservazione del contratto di cui all’art. 1367 c.c.. Infatti, la conservazione del contratto non postula il conseguimento di qualsiasi effetto utile con la legittimazione anche di una interpretazione contraria alla lettera utilizzata dai contraenti. Invero, la conservazione del contratto, non può essere autorizzata attraverso un’interpretazione sostitutiva della volontà delle parti (Cass. n. 28357/2011 e n. 19493/2018).


L\'autore

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.