Insulti in chat alla presenza di più persone: diffamazione o ingiuria aggravata?

Le offese dirette alla persona offesa in presenza di più persone configura ingiuria aggravata, ora abrogata. Cassazione, Sezione V penale, Sentenza 31 marzo, n. 10905.

La Massima

A cura dell’avv. Andrea Savoca

Le espressioni offensive pronunciate direttamente alla persona offesa mediante comunicazione telematica ed altresì alla presenza di altre persone invitate nella chat vocale non integra il reato di diffamazione ma di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, fattispecie depenalizzata.

La Nota

A cura dell’avv. Andrea Savoca

Offendere la reputazione di un soggetto insultandolo mediante una video chat.

Il ricorrente veniva condannato in entrambi i gradi di giudizio per il reato di diffamazione per aver offeso la reputazione di un terzo soggetto pronunciando espressioni offensive, mediante una video chat accessibile ad un numero indeterminato di persone.

Il difensore proponeva ricorso per Cassazione deducendo la violazione di legge in relazione all’art. 595 c.p. per aver, la Corte territoriale, ritenuto erroneamente sussistente il reato di diffamazione, anziché la fattispecie di ingiuria. Si sosteneva infatti che gli insulti erano stati rivolti attraverso una particolare chat vocale ove il destinatario dei messaggi era direttamente la persona offesa, posta dunque in condizione di interloquire con l’offensore, non avendo alcuna rilevanza che all’ascolto vi fossero altri utenti.

Comunicazioni offensive dirette alla persona offesa mediante video chat ed in presenza di altri soggetti non è diffamazione ma ingiuria aggravata, fattispecie depenalizzata.

La Corte, nell’accogliere il ricorso, ha ricordato preliminarmente che l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nel primo la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore (Cfr. Sez. 5, n. 10313 del 17/01/2019).

Alla luce di tale premessa, qualora le espressioni offensive sono pronunciate mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa ed altresì alla presenza di altre persone invitate nella chat vocale, ne consegue la qualificazione del fatto in termini di ingiuria, seppur aggravata dalla presenza di più persone, ai sensi dell’art. 594 u.c. c.p., e che, come noto, in virtù della depenalizzazione di cui al D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 1, comma 1, lett. C), non è previsto più dalla legge come reato.


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Cassazione, Sezione V penale, Sentenza 31 marzo, n. 10905

Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa il 28/03/2019 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza del 31/10/2016, che aveva condannato S.F. alla pena di Euro 600,00 di multa per il reato di cui all’art. 595 c.p., per avere offeso S.M., pubblicando commenti e giudizi lesivi della sua reputazione su facebook, comunicando con video chat, con modalità accessibili ad un numero indeterminato di persone.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di S.F., Avv. Paolo Antonio Muzzi, deducendo due motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 595 c.p., per avere ritenuto sussistente il reato di diffamazione, anziché la fattispecie di ingiuria: deduce che gli insulti sono stati rivolti attraverso una chat vocale sulla piattaforma “Google Hangouts”, diversa dalle altre piattaforme chat digitali, che sono leggibili anche da più persone; in tal caso, il destinatario dei messaggi era solo la persona offesa e la video chat aveva carattere temporaneo, sicché non verrebbe in rilievo il precedente di Sez. 5, n. 7904/2019, che riguardava una chat scritta (Whatsapp) in cui il messaggio offensivo pu  essere visionato anche da altri utenti; nel caso in esame, la chat aveva natura di conversazione vocale, e non rileverebbe che all’ascolto vi fossero altri utenti.

2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla valorizzazione della presenza di terzi ascoltatori: i due testi D.M. e T. non hanno partecipato alla conversazione in diretta, ma hanno dichiarato di avere visto il video della chat tramite youtube, condotta per la quale l’imputato è stato assolto.

Motivi della decisione.

1. Il ricorso è fondato.

2. E’, invero, stato accertato che le espressioni offensive sono state pronunciate dall’imputato mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa, ed alla presenza, altresì, di altre persone invitate nella chat vocale. Ciò  posto, va rammentato che l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore (Sez. 5, n. 10313 del 17/01/2019, Vicaretti, Rv. 276502).

3. Ne consegue che il fatto, come accertato dalla sentenza impugnata, deve essere qualificato come ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, ai sensi dell’art. 594 c.p., u.c., che, ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 1, comma 1, lett. C), è stato depenalizzato; la sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio, perché il fatto, così riqualificato, non è più previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché, qualificato il fatto ai sensi dell’art. 594 c.p., u.c., lo stesso non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2020

L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica