Motivazione dell’espulsione e allontanamento dello straniero dallo Stato ex art. 235 c.p.

La misura di sicurezza dell’espulsione o allontanamento dello straniero dallo Stato non richiede motivazione negativa, a meno di riferimenti alla pericolosità sociale. Cassazione, Sezione 5 penale, ordinanza 14/01/2021, n. 1474

La Massima

a cura dell’avv. Andrea Diamante

L’espulsione dal territorio dello Stato di uno straniero o l’allontanamento di un cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, di cui all’art. 235, primo 1, cod. pen., costituisce una misura di sicurezza personale facoltativa la cui mancata applicazione non richiede una specifica motivazione quando la pericolosità sociale del condannato non risulti da concreti e rilevanti elementi relativi al condannato che siano esplicitati in motivazione. Tuttavia, non può desumersi implicitamente la valutazione negativa circa la sussistenza della pericolosità sociale del condannato se la motivazione espliciti concreti e rilevanti fattori indicativi della della stessa.

La Nota

a cura dell’avv. Andrea Diamante

A seguito di condanna per furto con strappo a due anni e otto mesi di reclusione, il Procuratore generale presso la Corte di appello spiegava ricorso per cassazione censurando l’inosservanza ed erronea applicazione di legge penale per l’omessa applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione o allontanamento dello straniero dallo Stato di cui all’art. 235 c.p., risultando dalla complessiva motivazione della sentenza impugnata l’intrinseca pericolosità dell’imputato.

Desunta la presenza di espressi elementi di una non trascurabile pericolosità sociale del condannato, prima di procedere alla conversione in appello del mezzo esperito dal ricorrente e disporre la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza (ex artt. 579 co. 2 e 680 co. 2, c.p.p., trattandosi di impugnazione contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza in assenza di connessione con gli altri capi della sentenza, rilevando la competenza funzionale del Tribunale di sorveglianza), la Suprema Corte ha confermato quanto ritenuto dalla consolidata giurisprudenza in merito all’espulsione dal territorio dello Stato di uno straniero o l’allontanamento di un cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea.

Natura facoltativa ed implicita valutazione negativa

Invero, la misura di cui all’art. 235 c.p. costituisce una misura di sicurezza personale facoltativa, disciplinata in via generale dagli artt. 199 ss. c.p. che può essere disposta soltanto se il giudice di merito con congrua e logica motivazione, accertata la sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, secondo i criteri di cui all’art. 133 c.p. (richiamati all’uopo dall’art. 203 c.p.) e che si può manifestare principalmente con la reiterazione dei fatti criminosi (Sez. 4, n. 15447 del 14/03/2012).

Detta misura, quindi, non presenta profili di obbligatorietà, recando una natura facoltativa sì come le altre misure di sicurezza, facendosi riferimento alla discrezionalità del giudice di merito, che la applica verificata la sussistenza della pericolosità sociale. A differenza, invece, di ciò che accade con altri casi di espulsione, in particolare quello di cui all’art. 86 D.P.R. 309/1990, relativo all’espulsione dello straniero condannato le fattispecie di cui agli artt. 73, 74, 79 e 82 D.P.R. 309/1990 (Testo unico stupefacienti) (Sez. 1, n. 51161 del 09/05/2018). Pertanto, la mancata applicazione dell’espulsione/allontanamento di cui all’art. 235 c.p. «non richiede una specifica motivazione quando la pericolosità sociale del condannato non risulti da concreti e rilevanti elementi relativi al condannato che siano esplicitati in motivazione» (Sez. 1, n. 18901 del 21/03/2019; Sez. 1, n. 51161 del 09/05/2018; n. 51161 del 2018). Da cui l’assenza di uno specifico onere di esplicitazione della valutazione negativa, purché la motivazione in concreto non espliciti l’evenienza di elementi di pronunciata pericolosità sociale annessi alla sfera del condannato.

Non può invece accedersi alla possibilità logico-giuridica di desumere implicitamente la valutazione negativa circa la sussistenza della pericolosità sociale, e quindi della sua essenza, quandunque la motivazione resa in concreto non affronti affatto il tema dell’applicazione o meno della misura di sicurezza dell’espulsione, al contrario esplicitando concreti e rilevanti fattori indicativi della pericolosità sociale del condannato (come accaduto nel caso di specie).


Cassazione, Sezione 5 penale, ordinanza 14/01/2021, n. 1474

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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Bergamo ha condannato Garsi Hamsa alla pena di anni due mesi otto di reclusione ed euro 800 di multa, per il reato di furto con strappo aggravato, perpetrato a bordo di un convoglio ferroviario.

2. Avverso la pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Brescia, invocando inosservanza ed erronea applicazione di legge penale, con riferimento all’omessa applicazione, all’imputato, della misura di sicurezza di cui all’art. 235 cod. pen. risultando, invece, dalla complessiva motivazione della pronuncia l’intrinseca pericolosità dell’imputato.

3. Si impone, convertito il ricorso in appello, la trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza funzionalmente competente.

3.1. Ed invero, l’espulsione dal territorio dello Stato di uno straniero o l’allontanamento di un cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, di cui all’art. 235, primo 1, cod. pen., costituisce una misura di sicurezza personale facoltativa la cui mancata applicazione non richiede una specifica motivazione quando la pericolosità sociale del condannato non risulti da concreti e rilevanti elementi relativi al condannato che siano esplicitati in motivazione (Sez. 1, n. 18901 del 21/03/2019, Hu Yanyan, Rv. 276186; Sez. 1, n. 51161 del 09/05/2018, Raczka Andrzej Tomas, Rv. 274652; n. 51161 del 2018 Rv. 274652).

3.2. Ciò posto, si osserva che la misura in esame ha, pacificamente, natura di misura di sicurezza personale che, quindi, trova la sua disciplina generale negli artt. 199 e ss. cod. pen. e che, dunque, può essere disposta soltanto se il giudice di merito, con congrua e logica motivazione, accerti — alla luce dei criteri posti dall’art. 133 cod. pen. (come richiamati dall’art. 203 cod. pen.) — la sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, la quale si può manifestare principalmente con la reiterazione dei fatti criminosi (Sez. 4, n. 15447 del 14/03/2012, Nnake, Rv. 253507). La misura di sicurezza personale di cui si tratta non presenta alcun profilo di automatica obbligatorietà, essendo rimessa — al pari delle altre misure di sicurezza, a cui afferisce il regime giuridico stabilito in via generale dall’art. 202 cod. pen. — alla discrezionalità del giudice di merito, il quale la applica ogni volta che abbia verificato la sussistenza della pericolosità sociale

La natura facoltativa della misura prevista dall’articolo 235 cod. pen. trova conferma nella lettera della norma, differente da quella che disciplina altri casi di espulsione, in particolare quello di cui all’art. 86 D.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 1, n. 51161 del 09/05/2018, Rv. 274652). Così, la natura facoltativa della misura regolata dall’art. 235 cod. pen. non comporta, in linea generale, uno specifico onere di esplicitazione della valutazione negativa (a meno che la motivazione resa in concreto non abbia esplicitato l’evenienza di elementi di pronunciata pericolosità sociale annessi alla sfera del condannato, circostanza che si riscontra nel provvedimento oggi impugnato).

3.4. Ritiene, in definitiva il Collegio che la possibilità logico-giuridica di desumere, in via implicita, la valutazione dell’assenza di pericolosità sociale determinativa della mancata applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione, non può più riproporsi in modo automatico quando la motivazione, resa in concreto, non affronti affatto il tema dell’applicazione o meno della misura di sicurezza dell’espulsione ma espliciti l’esistenza di elementi di pronunciata pericolosità sociale annessi alla sfera del condannato. Quando, invero, in assenza della disamina esplicita del tema della misura di sicurezza dell’espulsione stabilita dall’art. 235 cod. pen. la motivazione contenga l’enucleazione di concreti e rilevanti fattori indicativi della pericolosità sociale del condannato, viene meno ogni implicita valutazione negativa in ordine alla pericolosità stessa.

3.5. Sicché, nel caso al vaglio, a fronte di carenza di motivazione in punto di applicazione della misura di sicurezza, ma in presenza di espressi elementi di una non trascurabile pericolosità sociale del condannato, necessita la conversione dell’impugnazione in appello, con rinvio degli atti al Tribunale di sorveglianza funzionalmente competente, perché, quando viene meno la connessione con gli altri capi della sentenza, non sussiste ragione per escludere la competenza funzionale di tale organo, ai sensi degli artt. 579, comma 2 e 680, comma 2, cod. proc. pen. Si tratta, infatti, di impugnazione limitata alle sole disposizioni che riguardano le misure di sicurezza, essendo stata omessa qualsiasi decisione sul punto. Viene, dunque, in rilievo la competenza funzionale del Tribunale di sorveglianza, la quale viene derogata qualora l’impugnazione riguardi anche capi della sentenza diversi da quelli con cui è applicata la misura di sicurezza, ma che deve indirizzarsi al giudice naturale, ossia al Tribunale di sorveglianza, nel caso come quello in esame, all’esito dell’impugnazione il thema decidendum resti circoscritto alle sole misure di sicurezza.

p.q.m.

Convertito il ricorso in appello dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Sorveglianza di Brescia. Così deciso il 11 settembre 202.

 

L\'autore

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.