Danno parentale riconosciuto anche ai familiari non conviventi

La convivenza con la vittima non è condizione imprescindibile per il riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale. Cassazione, Sezione VI Civile, Ordinanza 24 marzo 2021 n. 8218.

La Massima

A cura dell’avv. Andrea Savoca

In tema di risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale, il dato esterno ed oggettivo della convivenza non costituisce elemento idoneo di discrimine tale da giustificare l’aprioristica esclusione, nel caso di non convivenza, della possibilità di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto. Cassazione, Sezione VI Civile, Ordinanza 24 marzo 2021 n. 8218.

La Nota

A cura dell’avv. Andrea Savoca

Danno da lesione del rapporto parentale: è necessaria la convivenza con la vittima?

Veniva proposto ricorso per la cassazione della sentenza con la quale veniva rigettata la domanda di risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale avanzata da tre nipoti per la morte della zia in seguito ad un incidente stradale.

Il giudice d’appello negava il chiesto risarcimento in ragione della loro ritenuta carenza di legittimazione sull’unica e dirimente circostanza della mancanza di una situazione di stabile convivenza con la defunta, ritenuta quale condizione imprescindibile per il riconoscimento del detto danno.

La difesa, di contro, deduceva l’erroneità dell’appena richiamata regola di giudizio applicata dalla corte territoriale, da ritenersi ormai superata da diverse successive pronunce di legittimità, secondo le quali il dato esterno ed oggettivo della convivenza non costituisce elemento idoneo ad escludere a priori il diritto del non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale.

Danno da lesione del rapporto parentale: riconosciuto il diritto al risarcimento anche nei confronti dei familiari non conviventi con la vittima.

La Suprema Corte, nel dare continuità all’orientamento richiamato dalla difesa ha ritenuto fondato il gravame.

Invero, se da un lato occorre certamente evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata in favore dei soggetti danneggiati c.d. secondari, dall’altro non può tuttavia condividersi l’assunto che il dato esterno ed oggettivo della convivenza possa costituire l’unico elemento idoneo di discrimine e giustificare dunque l’aprioristica esclusione, nel caso di non convivenza, della possibilità di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto e conseguentemente la lamentata lesione e l’entità dei danni patiti (Cass. 28/10/2016, n. 21230).

La convivenza, dunque, escluso che possa assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità dei rapporti parentali ovvero finanche presupposto dell’esistenza del diritto in parola, costituisce elemento probatorio utile (ma prescindibile) unitamente ad altri elementi, a dimostrare l’ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare l’eventuale quantum debeatur.


L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica