Furto con destrezza se la persona offesa è distratta

furto con destrezza

Il furto è commesso con destrezza se l’appropriazione avviene approfittandosi della distrazione del possessore che può comunque esercitare il controllo sul bene. Cassazione, Sez. V, Sentenza 15/07/2020 n. 23549

La Massima

a cura degli avv.ti Andrea Diamante e Andrea Savoca

«In tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla “res”, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo»

Nella circostanza aggravante della destrezza è irrilevante la direzione della stessa, ricorrendo sia quando la condotta destra investe la persona del derubato – come nel caso del borseggio – sia quando la destrezza si rivolga direttamente sul bene sottratto che, ancorché non  sul soggetto passivo e neppure a suo stretto contatto, si trovi comunque alla sua portata, quindi potendo esercitare su di esso un’attività di controllo riferito all’uomo medio, quindi valutabile in astratto, non essendo necessario non destare l’attenzione della persona offesa Infatti, l’atteggiamento soggettivo della vittima e la sua eventuale percezione del reato in corso di realizzazione sono privi di rilievo.

La Nota

a cura dell’avv. Andrea Savoca

Furto con destrezza e distrazione della vittima

L’imputato ricorreva per la cassazione della sentenza con cui la Corte di Appello lo condannava per il reato di furto con destrezza ex art. 624 c.p. e art. 625, co. 1, n. 4, c.p.  per essersi impossessato di un giubbino di marca appoggiato sullo scooter, nonché delle chiavi di casa della vittima ivi custodite.

Contestava, per quanto qui di interesse, la insussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, co. 1, n. 4, c.p., sul presupposto che la destrezza è ravvisabile in una condotta caratterizzata da particolare abilità, astuzia, avvedutezza idonea a sorprendere, attenuare, eludere la sorveglianza del detentore della res, mentre nel caso di specie l’imputato si sarebbe limitato ad approfittare di un momento di disattenzione della persona offesa che, dopo aver parcheggiato il proprio ciclomotore ed iniziato una conversazione con un terzo soggetto, appoggiava il proprio giubbino sulla sella del detto mezzo, che poco dopo veniva asportato, mentre ella era distratta a causa della detta conversazione.

Configura furto con destrezza appropriarsi della res sfruttando la disattenzione della vittima

La Corte, nel ritenere infondato il superiore motivo di ricorso, ha avallato le argomentazioni addotte dal Giudice di seconde cure il quale ha ravvisato la sussistenza della destrezza nella circostanza che la persona offesa, postasi accanto al proprio motoveicolo, mantenne  comunque il controllo del bene poggiato sul sellino dello scooter in ragione della contiguità spaziale con esso e che l’imputato approfittò del fatto che la donna nel conversare diede le spalle al motoveicolo.

Per far ciò la Suprema Corte ha richiamato i principi di legittimità ricavabili dalla sentenza delle Sezioni Unite “Quarticelli” n. 34090 del 2017, ed in particolare il dato storico dell’eliminazione dal testo dell’art. 625, co.1 , n. 4, c.p., della specificazione che l’uso della destrezza dovesse rivolgersi contro la persona.

La pronuncia affermava che da tale soppressione nè è derivata l’irrilevanza della direzione della destrezza, ammettendo dunque che la condotta destra possa investire tanto la persona del derubato, come nel caso del borseggio, quanto direttamente il bene sottratto se appunto non si trovi sul soggetto passivo ma sia alla sua portata e questi eserciti la vigilanza sullo stesso, anche se non a stretto contatto fisico.

Pertanto, la norma di riferimento non esige un’abilità eccezionale o straordinaria, né la sicura e dimostrata efficienza del gesto esecutivo, che potrebbe anche essere percepito dalla parte lesa o da terzi, né il conseguimento di un risultato appropriativo concreto, dipendente dalla manovra qualificabile come destra, in modo tale da riconoscere la circostanza quando dalle modalità agili o astute di commissione discenda il compimento del furto con successo, e da negarla quando il derubato, nonostante l’abilità operativa dell’agente, si sia accorto dell’azione criminosa nell’atto della sua perpetrazione.

Ne consegue pertanto che l’atteggiamento soggettivo della vittima e la sua eventuale percezione del reato in corso di realizzazione sono dunque privi di rilievo.

Nel rigettare il ricorso, la Corte ha ritenuto integrata nel caso di specie la circostanza aggravante della destrezza, sul presupposto che il bene sottratto, pur non trovandosi sulla persona offesa (non ricorrendo dunque l’ipotesi del c.d. borseggio) era comunque alla sua portata, quindi sotto la sua immediata vigilanza, anche se non a stretto contatto fisico, avendo l’autore del furto preso il giubbotto grazie a un gesto rapido e repentino che ha sorpreso il detentore della res.


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Cassazione, Sez. V, Sentenza 15/07/2020 n. 23549

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, di Ferrari Andrea per il reato di furto con destrezza, compiuto impossessandosi del giubbino marca “Moncler” e delle chiavi di casa di Gargari Manuela, custodite nelle tasche dell’indumento; mentre ha escluso la circostanza aggravante, riconosciuta in primo grado, del furto commesso su cose esposte a pubblica fede, rideterminando la pena in anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 800 di multa.

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando due motivi, entrambi declinati ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. Pen.,

2.1 Con il primo contesta la sussistenza della circostanza aggravante dell’art. 625, comma primo, n. 4 cod. pen.

Sostiene che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, la destrezza è ravvisabile in una condotta caratterizzata da particolare abilità, astuzia, avvedutezza idonea a sorprendere, attenuare, eludere la sorveglianza del detentore della res, mentre nel caso di specie l’imputato si sarebbe limitato ad approfittare di un “momento di disattenzione della Gargari che, dopo aver parcheggiato il proprio ciclomotore Sh150 all’esterno di Piazza Vittorio Emanuele, iniziava una trattativa con il sig. Zhao Jianguo finalizzata alla vendita dello scooter.

Nella circostanza appoggiava il proprio giubbino sulla sella del proprio mezzo, che poco dopo veniva asportato, mentre ella era distratta a causa della conversazione”. L’esclusione della circostanza aggravante determinerebbe l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela.

2.2 Con il secondo motivo il ricorrente si duole della mancata concessione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità. Il valore del giubbotto non sarebbe stato accertato; l’impossessamento delle chiavi dell’abitazione sarebbe stato privo di conseguenze dannose, data l’impossibilità, per l’autore del furto, di risalire all’abitazione della vittima.

3. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale, dunque il processo segue il cd. “rito scritto” ai sensi dell’art. 83, comma 12-ter, d.l. n. 18 del 2020, convertito con legge n. 27 del 2020.

4. Il Procuratore generale ha trasmesso, tramite posta elettronica certificata, la propria requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 I giudici di merito hanno ricostruito il fatto come segue:

– la persona offesa appoggia il giubbotto, contenente anche le chiavi di casa, sul sellino del proprio scooter e, rimanendo accanto al veicolo, inizia una conversazione con una terza persona;

– l’imputato, con mossa repentina, prende l’indumento e fugge;

– lo stesso imputato – rincorso, raggiunto e individuato dalla persona offesa

– viene tratto in arresto.

La Corte di appello ravvisa la circostanza aggravante della destrezza nella circostanza che «la persona offesa, postasi accanto al proprio motoveicolo, mantenne comunque il controllo del bene poggiato sul sellino dello scooter, per la contiguità spaziale con esso e l’imputato approfittò della circostanza che la donna nel conversare diede le spalle al motoveicolo».

La decisione è corretta.

2.2. I parametri di riferimento si rinvengono nell’ordito motivazionale della sentenza delle Sezioni Unite Quarticelli (n. 34090 del 27/04/2017), la cui massima viene citata anche in ricorso: «In tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla “res”, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo» (Rv. 270088).

2.2.1. Le Sezioni Unite Quarticelli muovono da un dato storico: «l’eliminazione dal testo dell’art. 625, primo comma, n. 4, cod. pen., della specificazione, presente nella simmetrica disposizione contenuta nell’art. 403, primo comma, n. 4, del codice Zanardelli, che l’uso della destrezza deve rivolgersi contro la persona».

Da tali premesse traggono «l’irrilevanza, per la definizione normativa della fattispecie aggravata in esame, della direzione della destrezza» e ammettono che «la condotta destra possa investire tanto la persona del derubato, come nel caso del borseggio, quanto direttamente il bene sottratto se non si trovi sul soggetto passivo ma sia alla sua portata e questi eserciti la vigilanza sullo stesso, anche se non a stretto contatto fisico».

Quindi precisano che «il controllo sul bene da parte del possessore non è di per sé qualificante, […] e va riferito ad un livello di normalità parametrato sull’uomo medio, quindi valutabile in astratto, sicché per poter configurare l’aggravante non è richiesto che l’agente riesca a superarla, conseguendo il risultato di non destare l’attenzione della persona offesa». Inoltre, per configurare la circostanza aggravante, ritengono che «la norma di riferimento non esiga un’abilità eccezionale o straordinaria, né la sicura e dimostrata efficienza del gesto esecutivo, che potrebbe anche essere percepito dalla parte lesa o da terzi, né il conseguimento di un risultato appropriativo concreto, dipendente dalla manovra qualificabile come destra, in modo tale da riconoscere la circostanza quando dalle modalità agili o astute di commissione discenda il compimento del furto con successo, e da negarla quando il derubato, nonostante l’abilità operativa dell’agente, si sia accorto dell’azione criminosa nell’atto della sua perpetrazione. L’atteggiamento soggettivo della vittima e la sua eventuale percezione del reato in corso di realizzazione sono dunque privi di rilievo».

2.3 Calando questi principi nel caso in esame si ottiene che l’aggravante della destrezza è pienamente integrata: Difatti il bene sottratto — pur non trovandosi “sulla” persona offesa (dunque non ricorre l’ipotesi del cd. “borseggio”) — era alla sua portata, sotto la sua immediata vigilanza, anche se non a stretto contatto fisico.

L’autore del furto ha preso il giubbotto grazie a un gesto rapido, repentino che ha sorpreso il detentore sulla “res”.

3. Il secondo motivo è inammissibile.

La Corte di appello spiega la ragione per cui il danno economico non può apprezzarsi in termini di speciale tenuità avuto riguardo non solo al valore commerciale di chiavi e giubbino di marca Moncler (griffa notoriamente costosa), ma anche tenuto conto del complessivo pregiudizio economico subito dalla persona offesa per la sottrazione delle chiavi dell’abitazione.

Si tratta di motivazione immune da vizi logici, incensurabile in sede di legittimità.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento

delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 15/07/2020

L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.