Impugnazione tardiva e rimessione in termini: irrilevante il difetto di comunicazione con l’assistito  

impugnazione tardiva

Rimessione in termini esclusa se l’impugnazione tardiva non dipende da un fatto oggettivo ed incolpevole, ma da un difetto di comunicazione con l’assistito. Cassazione, Sezione I civile, Ordinanza 27 maggio 2020, n. 9945.

La Massima

A cura dell’avv. Eleonora Pedevillano

La rimessione in termini è possibile solo a condizione che la tardività dell’impugnazione sia dipesa da un fatto oggettivo ed incolpevole, non rilevando il difetto di comunicazione tra l’assistito ed il suo avvocato.

La Nota

A cura dell’avv. Eleonora Pedevillano

Impugnazione tardiva e rimessione in termini: rilevanza del difetto di comunicazione tra avvocato e assistito

Chiamata a pronunciarsi sul tema della tardività dell’impugnazione proposta oltre i termini di legge, con particolare riferimento alla rilevanza del difetto di comunicazione tra avvocato e cliente, la Suprema Corte, con ordinanza n. 9945/2020, ha affermato l’orientamento di legittimità secondo cui la parte che chiede di essere rimessa in termini deve provare che il ritardo sia  dipeso da un fatto oggettivo ed incolpevole.

Impugnazione tardiva: rimessione in termini solo per fatto oggettivo e incolpevole

La ricorrente, soggetto straniero richiedente protezione internazionale, adiva la Suprema Corte per chiedere la cassazione della sentenza con cui la Corte di appello aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione avverso il provvedimento di diniego di primo grado, in quanto notificata al Ministero dell’Interno oltre il termine di trenta giorni.
La difesa sosteneva di essere tardivamente venuta a conoscenza del provvedimento del primo giudice a causa di un difetto di comunicazione con la cliente e che, pertanto, aveva diritto di essere rimessa in termini per proporre impugnazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c. e dell’art. 3 D.P.R. 394/1999 in riferimento all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c..

Con il provvedimento impugnato, la Corte di Appello aveva  affermato che la rimessione in termini è possibile solo a condizione che la tardività dell’impugnazione sia dipesa da un fatto oggettivo ed incolpevole che deve essere rigorosamente provato. Nel caso di specie, si riteneva che la ricorrente si fosse limitata a dichiarare di aver avuto conoscenza del provvedimento quando il termine per proporre il gravame era ormai spirato.

Impugnazione tardiva: il difetto di comunicazione tra avvocato e assistito non costituisce errore incolpevole e giustificabile

La Cassazione, condividendo la motivazione del giudice di merito, ha rigettato il ricorso, ritenendo che la circostanza – peraltro meramente allegata dalla ricorrente – del difetto di comunicazione tra il cliente ed il suo avvocato non integri errore incolpevole e giustificabile idoneo a legittimare la rimessione in termini della parte.

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Cassazione, Sezione I, Ordinanza 27 maggio 2020, n. 9945

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Venezia sezione specializzata in materia di immigrazione, con ordinanza in data 30/12/2016, ha confermato il provvedimento di diniego emesso dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale   di Verona in ordine alle istanze avanzate da H.I.. La Corte di Appello di Venezia con sentenza in data 19/4/2018, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione avverso il provvedimento di primo grado in quanto notificata oltre il termine di trenta giorni.

Avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Venezia il ricorrente ha  proposto ricorso in cassazione affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente D.D. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c. ed D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Venezia erroneamente aveva dichiarato tardiva l’impugnazione sul presupposto che la notifica del ricorso di appello era stata effettuata oltre i trenta giorni.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, per non aver il tribunale ritenuto sussistenti i presupposti per concedere la protezione dello status di rifugiato nonchè nullità della sentenza per violazione artt. 112, 132 e 156 c.p.c. e violazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art.    8, in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lett. C) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto il giudice di merito, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine al primo motivo, assorbiti gli  altri.

Correttamente la Corte di Appello di Venezia ha ritenuto tardiva la notifica del ricorso in quanto effettuata oltre il termine di giorni trenta.

Il giudice di secondo grado ha diffusamente motivato esattamente affermando che la rimessione in termini è possibile solo a condizione che la tardività  della impugnazione sia dipesa da un fatto oggettivo ed incolpevole del quale la parte deve offrire puntuale e rigorosa dimostrazione mentre nella fattispecie la parte ricorrente   ha solo dichiarato di aver avuto conoscenza del provvedimento tardivamente.

A tal riguardo non appare in effetti integrare l’errore incolpevole e giustificabile la circostanza meramente allegata del difetto di comunicazione tra l’assistito ed il suo avvocato.

Pertanto in mancanza di errore incolpevole e giustificabile non può essere invocata    la rimessione in termini.Si impone pertanto il rigetto del primo motivo di ricorso assorbiti gli  altri  con  condanna alle spese a favore del Ministero che ha svolto attività difensiva.

Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo  di  contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso per cassazione, a norma    del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri e condanna alle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2,100, oltre spese prenotate a debito. Ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2020

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L\'autore

Avvocato del Foro di Enna. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna nel 2019, in cui ha curato l’assegnazione delle tracce e le correzioni individuali e collettive. Membro del coordinamento scientifico di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.