Autorizzazione condizionata alla commercializzazione dei vaccini contro il Covid19: sicurezza ed efficacia

Il Consiglio di Stato offre una sintesi dell’autorizzazione condizionata dei vaccini Covid 19, concludendo sul rispetto dei criteri normativi sulla base dei dati. Consiglio di Stato, sentenza n. 7045 del 20/10/2021

Il Consiglio di Stato si è espresso sull’appello degli esercenti professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia non ancora sottoposti alla vaccinazione obbligatoria contro il virus Sars- CoV-2 prevista dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021, conv. con mod. in l. n. 76 del 2021. I ricorrenti contestano gli atti con i quali le Aziende Sanitarie friulane hanno inteso dare applicazione, nei loro confronti, dell’obbligo vaccinale c.d. selettivo previsto dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 per gli esercenti le professioni sanitarie e per gli operatori di interesse sanitario.

Nel far ciò, la Terza Sezione ha offerto nel provvedimento annotato una sintesi sulla disciplina densamente tecnica sulla commercializzazione di un vaccino o farmaco nell’Unione Europea. In questa sede si passerà ad una succinta ricostruzione degli snodi fondamentali.

L’immissione in commercio condizionata del vaccino

Il Consiglio di Stato ripercorre la disciplina dell’autorizzazione condizionata alla commercializzazione dei vaccini e dei medicinali.

La commercializzazione del vaccino passa da una raccomandazione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), che valuta la sicurezza, l’efficacia e la qualità del vaccino. Sulla base di tale raccomandazione, la Commissione europea può procedere ad autorizzare la commercializzazione nel mercato dell’Unione, consultati gli Stati membri che debbono esprimersi favorevolmente a maggioranza qualificata.

L’art. 14-bis del Reg. CE 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e dal Reg. CE 507/2006 della Commissione prevede l’istituto della “immissione in commercio condizionata” (CMA, Conditional marketing authorisation) che consente la rapida messa a disposizione di medicinali da utilizzare in situazioni di emergenza, specificamente concepita al fine di consentire una autorizzazione il più rapidamente possibile, in ogni caso fornendo un solido quadro per la sicurezza, le garanzie e i controlli post-autorizzazione. In tal guisa si rende possibile la parziale sovrapposizione delle fasi di sperimentazione clinica (“partial overlap“), che prevede l’avvio della fase successiva a poca distanza dall’avvio della fase precedente, sì da accelerare i normali tempi di svolgimento delle sperimentazioni, anche se fornisce dati meno completi rispetto alla procedura ordinaria di autorizzazione.

Il Consiglio di Stato ha precisato che «l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata non è una scorciatoia incerta e pericolosa escogitata ad hoc per fronteggiare irrazionalmente una emergenza sanitaria come quella attuale, ma una procedura di carattere generale, idonea ad essere applicata – e concretamente applicata negli anni passati, anche recenti, soprattutto in campo oncologico – anche al di fuori della situazione pandemica, a fronte di necessità contingenti (non a caso la lotta contro i tumori ne è il terreno elettivo), e costituisce una sottocategoria del procedimento inteso ad autorizzare l’immissione in commercio ordinaria perché viene rilasciata sulla base di dati che sono, sì, meno completi rispetto a quelli ordinari – cfr. 4° Considerando del Reg. CE 507/2006 – ma è appunto presidiata da particolari garanzie e condizionata a specifici obblighi in capo al richiedente».

Si tratta di un’autorizzazione che può essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi, come si è detto, «a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari», per cui il bilanciamento rispetto alla procedura ordinaria di autorizzazione è imposto e assicurato da quattro rigorosi requisiti (art. 4 del Reg. (CE) n. 507/2006): a) che il rapporto rischio/beneficio del medicinale risulti positivo; b) che sia probabile che il richiedente possa in seguito fornire dati clinici completi; c) che il medicinale risponda a specifiche esigenze mediche insoddisfatte; d) che i benefici per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari.

Il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide quindi sui profili di sicurezza del farmaco, né comporta che la stessa debba essere considerata un minus dal punto di vista del valore giuridico, ma impone unicamente al titolare di «completare gli studi in corso o a condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole».

Adempiuti gli obblighi prescritti e forniti i dati mancanti, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata viene convertita in un’autorizzazione non condizionata.

La circostanza che i dati acquisiti nella fase di sperimentazione siano parziali e provvisori, quindi suscettibili di revisione sulla base delle evidenze empiriche via via raccolte, non incide sul rigore scientifico e sull’attendibilità delle sperimentazioni che hanno preceduto l’autorizzazione, per quanto bisognose di conferma mediante i cc.dd. «comprehensive data post-authorisation».

La Terza Sezione ha avuto cura anche di precisare che l’istituto in parola si distingue dalla c.d. “autorizzazione all’uso d’emergenza”, istituto diverso che in alcuni Paesi (come gli Stati Uniti e l’Inghilterra) non autorizza un vaccino, bensì l’uso temporaneo per ragioni di emergenza di un vaccino non autorizzato.

Nel caso di specie, quindi con precipuo riferimento ai vaccini contro il virus Sars-CoV-2, tutti gli Stati dell’Unione hanno formalmente sottoscritto la strategia vaccinale della Commissione europea e i quattro vaccini utilizzati (quelli delle case farmaceutiche Pfizer-BinTech, Moderna, Johnson&Johnson e AstraZeneca).

La comunicazione dell’AIFA e il Bollettino dell’ISS e la statistica

La Terza Sezione ha pure preso atto delle risultanze rivenienti dalla prosecuzione delle attività di ricerca e di farmacovigilanza, oltre che delle risultanze statistiche. Tutti dati tratti dalle comunicazioni e dai rapporti ufficiali delle pubbliche autorità sanitarie.

A tal proposito l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – organo tecnico scientifico del Servizio sanitario nazionale, istituzionalmente investito anche delle funzioni di ricerca e controllo in materia di salute pubblica (art. 1 del relativo Statuto, approvato con D.M. del 24 ottobre 2014) – richiamando quanto comunicato dall’EMA, ricorda che «una autorizzazione condizionata garantisce che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi criteri Ue di sicurezza, efficacia e qualità, e che sia prodotto e controllato in stabilimenti approvati e certificati in linea con gli standard farmaceutici compatibili con una commercializzazione su larga scala».

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) – ente preposto al monitoraggio costante sulla farmacovigilanza – nello studio pubblicato sul proprio sito, ha pure chiarito che «gli studi che hanno portato alla messa a punto dei vaccini COVID-19 non hanno saltato nessuna delle fasi di verifica dell’efficacia e della sicurezza previste per lo sviluppo di un medicinale, anzi, questi studi hanno visto la partecipazione di un numero assai elevato di volontari, circa dieci volte superiore a quello di studi analoghi per lo sviluppo di altri vaccini». Studi che si sono peraltro avvalsi anche delle ricerche già condotte in passato sulla tecnologia a RNA messaggero (mRNA) e degli studi sui coronavirus umani correlati al Sars-CoV-2, come per esempio quelli che hanno provocato SARS (Severe acute respiratory syndrome – Sindrome Respiratoria acuta grave) e MERS (Middle East respiratory syndrome – Sindrome Respiratoria medio-orientale).

Sul piano dell’efficacia dei vaccini contro il Sars-Cov-2, emergono significative evidenze dall’ultimo bollettino sull’andamento dell’epidemia emesso dall’ISS (documento pubblico e liberamente consultabile online presso il sito dell’Ente), che considera i dati relativi a tutti i casi di infezione da virus SARS-CoV-2 registrati nel periodo 4 aprile – 31 agosto 2021, confermati tramite positività ai test molecolari e antigenici. Il documento riconosce che «l’efficacia preventiva è dell’89% nei confronti di una diagnosi di COVID-19 a circa sette mesi dopo la seconda dose» e che «per quanto riguarda i ricoveri in ospedale e i ricoveri in TI successivi a diagnosi di COVID-19 si è osservata una efficacia preventiva del 96% e nei confronti dei decessi del 99% a circa sei mesi dalla seconda dose».

Nell’ultimo rapporto dell’AIFA ad oggi disponibile sulla farmacovigilanza relativa ai vaccini contro il Sars-CoV-2,  (il nono, pubblicato il 12 ottobre 2021 sul sito dell’AIFA), espone i dati aggiornati al 26 settembre 2021 e ricavati dalla somministrazione di 84.010.605 dosi di vaccino in Italia. Gli eventi avversi verificatisi dopo la somministrazione – a prescindere dalla riconducibilità alla stessa dal punto di vista causale – sono stati 101.110, con un tasso di segnalazione pari a 120 ogni 100.000 dosi. Di queste, solo il 14,4% ha interessato eventi gravi, con la precisazione che ricadono tra gli eventi avversi secondo la classificazione standard anche le conseguenze talvolta non realmente gravi clinicamente, mentre l’85,4% si riferisce a eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari. Di tutte le segnalazioni gravi (17 ogni 100.000 dosi somministrate) solo il 43% di quelle esaminate finora è risultata correlabile alla vaccinazione.

La conclusione del Consiglio di Stato

Nell’ambito dei limiti del sindacato del giudice amministrativo sugli atti adottati dalle autorità e dagli enti sanitari nazionali nell’esercizio della loro discrezionalità tecnica, la Terza Sezione ha ritenuto che la profilassi vaccinale è efficace nell’evitare non solo la malattia, per lo più totalmente o, comunque, nelle sue forme più gravi, ma anche il contagio, e ciò contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti. Il giudice amministrativo giunge a tale conclusione sulla base degli studi – trials – condotti in fase di sperimentazione, e dell’evidenza dei dati acquisiti successivamente all’avvio della campagna vaccinale ed oggetto di costante aggiornamento e studio in sede di monitoraggio.

I dati e le risultanze statistiche confermano, ad avviso della Sezione, che le terapie vaccinali regolarmente approvate con immissione condizionata presentano un rapporto rischio/beneficio favorevole che non è dissimile da quella dei vaccini tradizionali allo stato obbligatori dal D.L. /2017, per cui i danni conseguenti alla somministrazione del vaccino per il SARS-CoV-2 devono ritenersi, considerata l’estrema rarità del verificarsi di eventi gravi e correlabili, rispondenti ad un criterio di normalità statistica.

I dati relativi alla drastica riduzione di contagi, ricoveri e decessi, disponibili e resi di pubblico dominio dalle istituzioni e dagli enti sanitari, dimostrano sul piano epidemiologico che la vaccinazione – unitamente alle altre misure di contenimento – si sta dimostrando efficace su larga scala nel contenere il contagio e nel ridurre i decessi o i sintomi gravi.

In tal modo il Consiglio di Stato ha avuto modo confermare l’aderenza delle procedure adottate per la commercializzazione e somministrazione dei vaccino contro il Covid 19 all’iter normativo predeterminato, fugando ogni illazione sull’adozione di procedure asseritamente sui generis e per nulla avallate alla precipua occorrenza derivante dall’attuale emergenza sanitaria.

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L\'autore

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.