Registrazione di conversazione: no intercettazione ma prova documentale

La registrazione di colloquio non costituisce intercettazione, ma prova documentale utilizzabile in giudizio. Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza 20384/2021

a cura dell’avv. Andrea Diamante26

Le Sezioni Unite con sentenza n. 20384 del 8/06/2021 (depositata il 16/07/2021) hanno offerto una ricognizione della giurisprudenza di legittimità relativa all’utilizzabilità delle registrazione di conversazioni e colloqui da parte di chi è presente, non soggette alla disciplina delle intercettazioni, bensì a quella relativa alla prova documentale.

In ambito penale, il regime di riferimento in materia di registrazione tra presenti si è formato a partire da Cass. SSUU n. 36747/03.

In particolare, «le intercettazioni regolate dagli artt. 266 c.p.p. e segg., consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato». Da ciò ne discende che «la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa»

Si distingue e sottrae la registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni tra presenti alla disciplina autorizzativa ed esecutiva propria delle intercettazioni ex artt. 266 c.p.p. e seguenti ed in particolare:

  • essa è utilizzabile nei confronti dell’imputato come prova documentale rappresentativa di un fatto storico, «a condizione che l’autore abbia effettivamente e continuativamente partecipato o assistito alla conversazione registrata», e sempre fatta salva la sua valutazione di affidabilità (Cass. pen. 13810/19 ed altre);
  • qualora sia certa la sua realizzazione da parte di uno dei partecipanti o comunque legittimati ad assistere al colloquio, è escluso che la registrazione fonografica sia lesiva dei diritti fondamentali dell’individuo costituzionalmente tutelati, così da porsi in violazione del divieto previsto dall’art. 191 c.p.p., comma 1 (Cass. pen. n. 5782/19);
  • se effettuata da uno dei partecipanti al colloquio, l’efficacia probatoria è attribuibile alla registrazione fonografica in sè, costituendo la sua trascrizione la mera trasposizione del contenuto del supporto magnetico che la contiene e supporta (Cass. pen. 4287/15; n. 50986/16 ed altre);
  • essa, se effettuata tra presenti e d’iniziativa di uno dei partecipi al colloquio, costituisce prova documentale utilizzabile in dibattimento ex art. 234 c.p.p. e non intercettazione “ambientale” soggetta alla disciplina degli artt. 266 c.p.p. e segg., anche quando avvenga su impulso della polizia giudiziaria e/o con strumenti forniti da quest’ultima «con la specifica finalità di precostituire una prova da far valere in giudizio» (Cass. pen. 12347/21; n. 3851/16 ed altre);
  • l’utilizzabilità è consentita anche quando la registrazione «avvenga in sede di audizione nel procedimento disciplinare ad opera di uno dei partecipanti, senza il consenso dell’interessato, trattandosi di dati trattati per finalità di giustizia, quale precostituzione di un mezzo di prova per la tutela di un proprio diritto in vista di un eventuale futuro procedimento giurisdizionale» (Cass. pen. 41421/18).

In ambito civilistico, la registrazione fonografica di un colloquio tra presenti rientra nel genus delle riproduzioni meccaniche ex art. 2712 c.c., così da costituire un ammissibile mezzo di prova anche nel processo civile. Si è in particolare osservato (Cass. n. 1250/18; Cass. n. 2117/11) che ad essa può essere ricondotta efficacia probante «se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, nè che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa». Proprio in quanto mezzo documentale riproduttivo di una determinata realtà fattuale, il suo formale disconoscimento deve avvenire – come per regola generale – in modo «chiaro, circostanziato ed esplicito, e concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta».

Infine, la Suprema Corte evidenzia che l’utilizzo processuale della fonoregistrazione non è precluso neppure dal Codice Privacy (D.Lgs. n. 196 del 1993), purché si tratti di  “far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento” (art. 13, comma 5, lett. b ed art. 26, comma 4 lett. c).

Leggi il provvedimento qui

L\'autore

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.