Deposito bancario e prescrizione del diritto di restituzione: il corretto termine di decorrenza

deposito bancario

Deposito bancario e prescrizione del diritto alla restituzione: il corretto termine di decorrenza. Cassazione, Sezione I civile, ordinanza 31 marzo 2021, n. 8998

La Massima

A cura dell’avv. Andrea Diamante

Nel deposito bancario l’obbligo restitutorio della banca sorge, in mancanza di un termine convenzionale di scadenza del contratto, solo a seguito della richiesta del cliente, quale condizione di esigibilitaàdel credito del medesimo, con la conseguenza che la prescrizione del diritto del depositante ad ottenere la restituzione delle somme depositate non inizia a decorrere prima che il cliente abbi richiesto la somma in restituzione, facendo sorgere il corrispondente obbligo della banca.

La Nota

A cura dell’avv. Andrea Diamante

Deposito bancario e diritto di restituzione: la prescrizione decorre dal momento del deposito?

Il Tribunale emetteva decreto ingiuntivo a favore dei ricorrenti con cui si intimava all’istituto di credito il pagamento di 8.000.000 L. versata in passato su un libretto di deposito di valori in custodia ed amministrazione. L’opponente istituto di credito eccepiva la prescrizione decennale del diritto di restituzione, tesi disattesa dal giudice di prime cure ma accolta in sede di gravame. infatti, la Corte di appello osservava che nel contratto di deposito bancario a tempo indeterminato la prescrizione del diritto alla restituzione delle somme depositate iniziava a decorrere né dal giorno della richiesta, né dal giorno del rifiuto della banca, bensì dal giorno in cui il depositante poteva chiederne la restituzione, ossia dalla data di costituzione del rapporto o dalla data dell’ultima operazione compiuta. In particolare, in quella sede si rilevava che l’art. 2935 c.c., nello stabilire che la prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, fa riferimento alla possibilità legale di esercizio del diritto, possibilità che nel caso di specie era maturata alla data di deposito della somma.

Gli originari ricorrenti affidavano al ricorso per la cassazione del provvedimento di seconde cure le doglianze sulla violazione e falsa applicazione della disciplina sulla prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c., in relazione agli artt. 1834 (deposito di denaro), 1838 (deposito di titoli in amministrazione) e 1782 c.c. (deposito irregolare), nonché sull’erronea qualificazione giuridica della fattispecie. Invero, i ricorrenti aprivano un libretto di deposito di valori in custodia ed amministrazione, trovando pertanto applicazione l’art. 1838 c.c. che regola il deposito di titoli in amministrazione, prevedendo a carico del depositario un obbligo di custodia senza il trasferimento della proprietà dei titoli in capo al depositario, a differenza di quanto stabilito dall’art. 1834 c.c. in tema di depositi di somme di denaro. In applicazione dell’art. 1838 c.c., quindi, l’eccezione di prescrizione avrebbe dovuto essere respinta, posto che il diritto di proprietà non è soggetto a prescrizione.

La I Sezione ha ritenuto fondate le doglianze di parte ricorrente, per quanto la fattispecie contrattuale è stata ricondotta dal giudice di legittimità alla disciplina del deposito di denaro di cui all’art. 1834 c.c. e non a quella del deposito di titoli in amministrazione ex art. 1838 c.c. come sostenuto da parte ricorrente, e ciò in quanto il deposito in questione ha avuto ad oggetto una somma di denaro e non titoli.

Deposito bancario: il diritto di restituzione decorre dal momento della richiesta del cliente

La Suprema Corte ha ritenuto di dar seguito all’orientamento (Cass. 20 gennaio 2012, n. 788; Cass. 14 ottobre 2015, n. 20761; Cass. 30 marzo 2018, n. 14003) secondo cui nel deposito bancario l’obbligo restitutorio della banca sorge – salvo il caso di previsione di un termine convenzionale di scadenza del contratto – solo a seguito della richiesta del cliente, che si pone quale condizione di esigibilità del credito del medesimo. Per cui l’inerzia non è costituisce disinteresse del cliente rispetto all’esercizio del suo diritto cui collegare il decorso del termine prescrizionale, bensì mero esercizio di una facoltà. Pertanto, la prescrizione del diritto del depositante ad ottenere la restituzione delle somme depositate non decorrere prima che il cliente abbia richiesto la somma in restituzione, facendo così sorgere il corrispondente obbligo della banca.

Di talché la Suprema Corte ha rinnegato il più risalente orientamento su cui si poggiava la soluzione della Corte territoriale (Cass. 21 marzo 1963, n. 689), secondo cui il deposito bancario costituisce un deposito irregolare cui si applicano le norme relative al mutuo, con la conseguenza che il diritto del depositante alla restituzione è un diritto di credito esercitabile in qualsiasi momento, per cui il termine di prescrizione decorerebbe dal giorno in cui il depositante può chiedere la restituzione e, quindi, dal giorno stesso della costituzione del rapporto oppure dall’ultima operazione compiuta, se il rapporto si sia svolto attraverso accreditamenti e prelevamenti.

La soluzione più recente adottata dal giudice di legittimità (Cass. 20 gennaio 2012, n. 788) valorizza il soddisfacimento dell’interesse di entrambe le parti, ossia quello della banca di gestire in operazioni finanziarie il risparmio raccolto e quello del cliente di essere remunerato di tale utilizzo attraverso gli interessi periodicamente accreditati, da cui il protrarsi della disponibilità del denaro presso la banca integra da ambo i lati adempimento del contratto di durata. Per tale ordine di ragioni non è possibile interpretare il comportamento del depositante che non richiede la restituzione, pur non compiendo ulteriori operazioni di deposito, come un disinteresse a far valere il suo diritto di credito, e quindi ad una inerzia cui ricollegare il decorso del termine di prescrizione.

E’ opinione della Corte che un tale assetto di principi valga a maggior ragione nel caso di deposito di titoli in amministrazione di cui all’art. 1838 c.c., in quanto non si determina un trasferimento in proprietà di quanto oggetto del contratto e la banca si obbliga al compimento di una pluralità di attività che soddisfano l’interesse del cliente alla custodia e all’amministrazione dei valori mobiliari (concorrendo le cause tipiche del deposito e del mandato). Qualora, quindi, non sia previsto un termine di scadenza, la mancata richiesta di restituzione dei titoli non assurge a mancato esercizio del diritto alla restituzione, ma sottende l’interesse del depositante a che il rapporto di durata abbia corso con soddisfacimento reciproco.

Deposito bancario: i depositi dormienti di cui al D.P.R. 116/2007

Tale principio va posto in conto anche alla disciplina dei depositi dormienti di cui al D.P.R. 116/2007 (che si applica al deposito di somme di denaro effettuato presso l’intermediario con obbligo di rimborso, al deposito di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione e ai contratti di assicurazione di cui all’art. 2. co. 1, D. Lgs. 209/2005 nei casi in cui l’assicuratore si impegni al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario a una data prefissata).

L’art. 3, co. 1, del citato D.P.R. dispone che in caso di mancato compimento di operazioni o movimentazioni per un periodo di dieci anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti finanziari, l’intermediario è tenuto ad inviare al titolare del rapporto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o ai terzi da lui eventualmente delegati, l’invito ad impartire disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della ricezione, avvisandolo che, decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al fondo. Il rapporto non si estingue solo se entro il predetto termine viene effettuata un’operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati. Una siffatta procedura di interpello risulta incoerente con il principio per cui la semplice inerzia decennale del depositante non determina il venir meno del diritto alla restituzione per decorsa prescrizione, diversamente non si spiegherebbe l’obbligo della banca di sollecitare il cliente ad impartire disposizioni quanto al denaro o ai titoli in deposito dopo che sia scaduto tale termine.


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Cassazione, Sezione I civile, ordinanza 31 marzo 2021, n. 8998

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FATTI DI CAUSA

1. — Il Tribunale di Latina respingeva l’opposizione proposta da Banca (OMISSIS) s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo emesso dal detto Tribunale su ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS): decreto con cui al predetto istituto di credito era stato intimato il pagamento della somma di lire 8.000.000. Tale somma, secondo quanto dedotto dagli ingiungenti, era stata versata il 19 aprile 1973 su di un libretto di deposito di valori in custodia ed amministrazione.

La sentenza di primo grado disattendeva l’eccezione di prescrizione decennale del diritto di restituzione sollevata dalla banca.

2. — In sede di gravame la Corte di appello di Roma andava in contrario avviso e osservava come in un contratto di deposito bancario a tempo indeterminato la prescrizione del diritto alla restituzione delle somme depositate iniziava a decorrere non già dal giorno della richiesta e neppure da quello del rifiuto della banca, bensì dal giorno in cui il depositante poteva chiederne la restituzione, ovvero dalla data di costituzione del rapporto o dalla data dell’ultima operazione compiuta; veniva rilevato, in particolare, che l’art. 2935 c.c., nello stabilire che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, fa riferimento alla possibilità legale di esercizio del diritto: possibilità che nel caso di specie era maturata il 19 aprile 1973, data di deposito della somma.

3. — La sentenza della Corte di Roma, pubblicata il 13 gennaio 2016, è impugnata per cassazione da (OMISSIS), da (OMISSIS) e (OMISSIS). L’impugnazione si fonda su di un unico motivo. Resiste con controricorso la Banca (OMISSIS). Il pubblico ministero ha rassegnato conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. — Sono denunciate violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., in relazione agli artt. 1834, 1838 e 1782 c.c., nonché erronea qualificazione giuridica della fattispecie. I ricorrenti deducono di aver aperto, in data 19 aprile 1973, un libretto di deposito di valori a custodia e in amministrazione e che pertanto, nella fattispecie, debba trovare applicazione l’art. 1838 c.c., il quale regola il deposito di titoli in amministrazione, e sancisce, a carico del depositario, un obbligo di custodia, senza prevedere, a differenza di quanto stabilito dall’art. 1834 c.c. in tema di depositi di somme di denaro, il trasferimento della proprietà dei titoli in capo al depositario.

Sostengono che, in applicazione del cit. art. 1838 c.c., l’eccezione di prescrizione avrebbe dovuto essere respinta, posto che il diritto di proprietà non è soggetto a prescrizione.

2. — Il ricorso è fondato.

2.1. — Questa Corte è venuta affermando, negli ultimi anni, che nel deposito bancario l’obbligo restitutorio della banca sorge (salvo il caso di previsione di un termine convenzionale di scadenza del contratto) solo a seguito della richiesta del cliente, quale condizione di esigibilità del credito del medesimo: con la conseguenza che l’inerzia al riguardo tenuta non è interpretabile come manifestazione di disinteresse del cliente stesso a far valere il suo diritto, cui possa collegarsi il decorso del termine prescrizionale, ma come mero esercizio di una facoltà: la prescrizione del diritto del depositante ad ottenere la restituzione delle somme depositate non inizia, così, a decorrere prima che il cliente abbia richiesto la somma in restituzione, facendo sorgere il corrispondente obbligo della banca (Cass. 20 gennaio 2012, n. 788; in senso conforme: Cass. 14 ottobre 2015, n. 20761, non massimata; Cass. 30 marzo 2018, n. 14003, pure non massimata). In tal modo è stato superato il risalente indirizzo per cui, costituendo il deposito bancario un deposito irregolare cui si applicano le norme relative al mutuo, il diritto del depositante alla restituzione integra un diritto di credito che può essere esercitato in qualsiasi momento, onde il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui il depositante può chiedere la restituzione (e, quindi, dal giorno stesso della costituzione del rapporto oppure dall’ultima operazione compiuta, se il rapporto si sia svolto attraverso accreditamenti e prelevamenti) (Cass. 21 marzo 1963, n. 689).

La soluzione cui è pervenuta Cass. 20 gennaio 2012, n. 788 si lascia innegabilmente preferire, in quanto valorizza il dato per cui la permanenza della somma presso la banca depositaria comporta la soddisfazione dell’interesse di entrambe le parti: quello della banca di gestire in operazioni finanziarie il risparmio raccolto; quello del cliente di essere remunerato di tale utilizzo attraverso gli interessi che gli vengono periodicamente accreditati. Riesce difficile dissentire dalla pronuncia allorquando afferma che il protrarsi della disponibilità del denaro presso la banca «costituisce situazione corrispondente all’interesse delle parti, che integra da ambo i lati adempimento del contratto di durata»; e va senz’altro recepito il rilievo per cui «il comportamento del depositante che, pur non compiendo ulteriori operazioni di deposito, non richiede la restituzione, non può perciò essere di per se stesso interpretato come indicativo di un disinteresse a far valere il suo diritto di credito, configurante inerzia (all’esercizio del diritto medesimo) cui si ricollega il decorso del termine di prescrizione» (sent. cit., in motivazione).

Tali considerazioni devono certamente valere, a maggior ragione, nel caso di deposito di titoli in amministrazione (art. 1838 c.c.), ove non si determina un trasferimento in proprietà di quanto è
oggetto del contratto e ove la banca si obbliga al compimento di una pluralità di attività che soddisfano l’interesse del cliente alla custodia e all’amministrazione dei valori mobiliari: per modo che, come evidenziato dalla dottrina, nel contratto in questione concorrono le cause tipiche del deposito e del mandato. Qualora non sia previsto un termine di scadenza, la mancata richiesta di restituzione dei titoli non assurge, quindi, a espressione del mancato esercizio del diritto alla restituzione, ma sottende, al contrario, l’interesse del depositante a che il rapporto di durata, attraverso cui trovano soddisfacimento le finalità di custodia e di amministrazione dei titoli, abbia corso.

Contrariamente a quanto opinato dai ricorrenti, tuttavia, la fattispecie contrattuale oggetto di causa è riconducibile all’art. 1834 c.c., non già dall’art. 1838 c.c., in quanto il deposito ha avuto ad oggetto non già titoli, ma una somma di denaro: lo si desume univocamente dalla sentenza impugnata, che dà puntualmente atto della circostanza (pag. 2). Va pertanto condiviso il rilievo svolto in tal senso dal pubblico ministero.

2.2. — Mette conto di correlare il principio espresso da Cass. 20 gennaio 2012, n. 788 con riferimento ai depositi in denaro, alla disciplina dei depositi dormienti di cui al d.p.r. n. 116/2007: disciplina che si applica, a mente dell’art. 2, comma, 1, al deposito di somme di denaro effettuato presso l’intermediario con obbligo di rimborso (come pure al deposito di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione e ai contratti di assicurazione di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 209/2005, nei casi in cui l’assicuratore si impegni al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario a una data prefissata).

L’art. 3 del d.p.r. n. 116 del 2007 dispone, al comma 1, che, al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 1, lett. b) — e cioè in caso di mancato compimento di operazioni o movimentazioni per un periodo di dieci anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti finanziari — l’intermediario sia tenuto ad inviare al titolare del rapporto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o ai terzi da lui eventualmente delegati, «l’invito ad impartire disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della ricezione, avvisandolo che,  decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al fondo». L’art. 3, comma 1, cit. precisa, poi, che «il rapporto non si estingue se, entro il predetto termine di 180 giorni, viene effettuata un’operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati». Ora, se è vero che questa disciplina non interferisce con la prescrizione (che in quanto maturata, non può giustificare una reviviscenza del diritto: tale è il significato che sembra doversi annettere alla clausola di salvezza, contenuta nella norma, secondo cui «restano impregiudicate le cause di estinzione dei diritti»), è indubbio che la procedura di interpello contemplata dal legislatore risulti affatto coerente con il principio per cui la semplice inerzia decennale del depositante non determina il venir meno del diritto alla restituzione per decorsa prescrizione: ché diversamente non si spiegherebbe l’obbligo della banca di sollecitare il cliente ad impartire disposizioni quanto al denaro o ai titoli in deposito dopo che sia scaduto tale termine.

Il percorso inaugurato da questa Corte nel 2012 appare, dunque, pienamente conforme alla richiamata disciplina sui depositi dormienti.

2.3. — Va disattesa, in ultimo, la richiesta della parte pubblica intesa a investire della questione oggetto del ricorso le Sezioni Unite: infatti, il succedersi delle pronunce rese, sul tema, dalla prima sezione civile dà chiara evidenza dell’abbandono dell’orientamento sposato, quasi sessant’anni or sono, da Cass. 21 marzo 1963, n. 689: onde sul punto non è dato di ravvisare alcun contrasto attuale di giurisprudenza.

3. — In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, la quale dovrà fare applicazione del richiamato principio: «Nel deposito bancario l’obbligo restitutorio della banca sorge, in mancanza di un termine convenzionale di scadenza del contratto, solo a seguito della richiesta del cliente, quale condizione di esigibilità del credito del medesimo, con la conseguenza che la prescrizione del diritto del depositante ad ottenere la restituzione delle somme depositate non inizia a decorrere prima che il cliente abbi richiesto la somma in restituzione, facendo sorgere il corrispondente obbligo della banca».

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della la Sezione

L\'autore

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.