Azione revocatoria e fondo patrimoniale. Il corretto inquadramento del rapporto

Azione revocatoria e fondo patrimoniale: legittimazione passiva del coniuge, consapevolezza del pregiudizio e qualità del patrimonio. Cassazione, Sez. 6, ordinanza n. 32881 del 09/11/2021

 

a cura dell’avv. Andrea Diamante

 

La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado che accoglieva la domanda dell’attorea dichiarando inopponibile nei suoi confronti l’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato tra il debitore e la di lui moglie, condannando quest’ultima al rimborso delle spese processuali.

Nell’interposto ricorso per la cassazione della sentenza, parte soccombente denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 170, 2901 e 2313 c.c..

Nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso per carenza dell’esposizione sommaria dei fatti, la Suprema Corte richiama i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità a confutazione delle lamentate censure, ribadendo l’atteggiarsi del rapporto tra azione revocatoria e la costituzione di un fondo patrimoniale.

Azione revocatoria e fondo patrimoniale: legittimazione passiva del coniuge del debitore

Con riferimento alla questione del difetto di legittimazione passiva del coniuge del debitore nell’azione revocatoria dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale promossa dal creditore personale, la Sesta Sezione ha ribadito che la legittimazione passiva compete ad entrambi i coniugi parte del fondo patrimoniale e non al solo coniuge debitore, ancorché questi abbia destinato un bene di sua esclusiva proprietà a far fronte ai bisogni della famiglia (Cass. 30/06/2020, n. 12975; 03/08/2017, n. 19330; 27/01/2012, n. 1242; 18/10/2011, n. 21494; 17/03/2004, n. 5402).

Azione revocatoria e costituzione successiva del fondo patrimoniale: basta la consapevolezza del pregiudizio

Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, quando la costituzione in fondo patrimoniale è successiva all’assunzione del debito, è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), la cui prova può essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumano  rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis), né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo (Cass. 17/01/2007, n. 966; n. 12975 del 2020, cit.; 07/07/2007, n. 15310; 29/07/2004, n. 14489; 26/02/2002, n. 2792; 01/06/2000, n. 7262).

Azione revocatoria e danno: il fondo patrimoniale muta la qualità del patrimonio

Quanto al presupposto dell’eventus damni, l’actio pauliana ha la funzione di ricostituire la garanzia generica fornita dal patrimonio del debitore, per cui è sufficiente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore. Con la costituzione in fondo patrimoniale di uno o più beni immobili di proprietà dei coniugi si determina, nei confronti del credito già sorto, il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva. Semmai, dell’insussistenza del danno in tal senso cagionato sarà il convenuto a fornire la prova (Cass. n. 29727 del 15/11/2019; n. 16986 del 01/08/2007).

Azione revocatoria: inapplicabili i limiti esecutivi ex art. 170 c.c. (debiti contratti per i bisogni della famiglia)

Non può assumersi l’operatività dei limiti dettati per l’esecuzione forzata dall’art. 170 c.c. anche nei confronti dell’azione revocatoria, limiti dettati per l’azione esecutiva concessa solo ove si tratti di debiti contratti per i bisogni della famiglia e non per l’azione revocatoria, che invece non è un rimedio esecutivo ma uno strumento di tutela conservativa della garanzia patrimoniale.

Al contrario, la previsione di detti limiti all’azione esecutiva rende la costituzione del fondo patrimoniale un atto potenzialmente pregiudizievole per le ragioni del creditore quandunque il credito non sia sorto per far fronte ai bisogni della famiglia, proprio perché idoneo a sottrarlo alla garanzia patrimoniale del credito, quindi suscettibile di azione revocatoria (Cass. n. 15310 del 07/07/2007).

Azione revocatoria e debitore socio illimitatamente responsabile: nessun beneficio di previa escussione della società

E’ irrilevante, infine, che il credito per il quale si è agito in revocatoria sia vantato in via principale nei confronti della società di cui il debitore era socio e solo in via sussidiaria nei confronti di quest’ultimo in qualità di socio illimitatamente responsabile.

Invero, nell’esperimento di un’azione conservativa quale è quella revocatoria è irrilevante la previa proposizione dei rimedi conservativi nei confronti dell’obbligato principale. In tal senso è stato chiarito che «qualora il debitore tenuto in via sussidiaria compia atti di disposizione del patrimonio, l’esercizio dell’azione revocatoria ad opera del creditore non presuppone la previa proposizione dei rimedi conservativi del credito nei confronti del debitore obbligato in via principale, in quanto il requisito della sussidiarietà dell’obbligazione attiene alle modalità di esperimento dell’azione esecutiva ed è invece irrilevante in relazione all’azione revocatoria ordinaria, i cui effetti sono limitati dalla sola declaratoria di inopponibilità dell’atto impugnato verso il creditore procedente» (Cass. 16/10/2019, n. 26261).

L\'autore

Avvocato già iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Enna, funzionario presso pubblica amministrazione. Formatore presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Enna dal 2017 al 2019, in cui ha dapprima curato il piano formativo e dopo anche coordinato l’attivatà dei formatori. Fondatore e direttore di Iter Iuris – Portale di informazione giuridica.