Libro V. Titolo II. Capo I – Dell’impresa in generale (artt. 2082-2134)

Libro Quinto
Del lavoro

Titolo II
Del lavoro nell’impresa

(Sommario dei Capi)


Capo I
Dell’impresa in generale

Sezione I – Dell’imprenditore

Art. 2082. Imprenditore.

È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. 

Art. 2083. Piccoli imprenditori.

Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

Art. 2084. Condizioni per l’esercizio dell’impresa.

La legge determina le categorie d’imprese il cui esercizio è subordinato a concessione o autorizzazione amministrativa.

Le altre condizioni per l’esercizio delle diverse categorie d’imprese sono stabilite dalla legge [e dalle norme corporative] (1).

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2085. Indirizzo della produzione.

Il controllo sull’indirizzo della produzione e degli scambi in relazione all’interesse unitario dell’economia nazionale è esercitato dallo Stato, nei modi previsti dalla legge [e dalle norme corporative] (1).

La legge stabilisce altresì i casi e i modi nei quali si esercita la vigilanza dello Stato sulla gestione delle imprese.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2086. Direzione e gerarchia nell’impresa.

L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.

Art. 2087. Tutela delle condizioni di lavoro.

L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (1).

(1) D.L.vo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

Art. 2088. Responsabilità dell’imprenditore (1).

[L’imprenditore deve uniformarsi nell’esercizio dell’impresa ai princìpi dell’ordinamento corporativo e agli obblighi che ne derivano e risponde verso lo Stato dell’indirizzo della produzione e degli scambi, in conformità della legge e delle norme corporative].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2089. Inosservanza degli obblighi dell’imprenditore (1).

[Se l’imprenditore non osserva gli obblighi imposti dall’ordinamento corporativo nell’interesse della produzione, in modo da determinare grave danno all’economia nazionale, gli organi corporativi, dopo aver compiuto le opportune indagini e richiesto all’imprenditore i chiarimenti necessari, possono disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso la corte d’appello di cui fa parte la magistratura del lavoro competente per territorio, perché promuova eventualmente i provvedimenti indicati nell’articolo 2091].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2090. Procedimento (1).

[Il presidente della magistratura del lavoro, ricevuta la istanza del pubblico ministero, fissa il giorno per la comparizione dell’imprenditore e assegna un termine entro il quale egli deve presentare le sue deduzioni.

La magistratura del lavoro decide in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero e l’imprenditore. Può anche, prima di decidere, sentire l’associazione professionale alla quale appartiene l’imprenditore, assumere le informazioni e compiere le indagini che ritiene necessarie.

Contro la sentenza della magistratura del lavoro l’imprenditore e il pubblico ministero possono proporre ricorso per cassazione a norma dell’articolo 426 del codice di procedura civile].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2091. Sanzioni (1).

[La magistratura del lavoro, se accerta che l’inosservanza perdura, fissa un termine entro il quale l’imprenditore deve uniformarsi agli obblighi suddetti.

Qualora l’imprenditore non vi ottemperi nel termine fissato, la magistratura del lavoro può ordinare la sospensione dell’esercizio dell’impresa o, se la sospensione è tale da recare pregiudizio all’economia nazionale, può nominare un amministratore che assuma la gestione dell’impresa, scegliendolo fra le persone designate dall’imprenditore, se riconosciute idonee, e determinandone i poteri e la durata.

Se si tratta di società, la magistratura del lavoro, anziché nominare un amministratore, può assegnare un termine entro il quale la società deve provvedere a sostituire gli amministratori in carica con altre persone riconosciute idonee].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2092. Sanzioni previste da leggi speciali (1).

[Le disposizioni dei tre articoli precedenti non si applicano nei casi in cui per le trasgressioni commesse dall’imprenditore le leggi speciali prevedono particolari sanzioni a di lui carico].

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2093. Imprese esercitate da enti pubblici.

[Le disposizioni di questo libro si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali.

Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate(1).

Sono salve le diverse disposizioni della legge.

(1) I primi due commi del presente articolo devono riternersi abrogati per effetto dell’abrogazione dell’ordinamento corporativo con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Sezione II – Dei collaboratori dell’imprenditore

Art. 2094. Prestatore di lavoro subordinato.

È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

Art. 2095. Categorie dei prestatori di lavoro.

I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai.

Le leggi speciali [e le norme corporative] (1), in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie.

(1) Le parole: “e le norme corporative” sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721. 

Sezione III –Del rapporto di lavoro

§ 1 – Della costituzione del rapporto di lavoro

Art. 2096. Assunzione in prova.

Salvo diversa disposizione [delle norme corporative] (1), l’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto.

L’imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova.

Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto , senza l’obbligo di preavviso o d’indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.

Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro.

(1) Le parole: “e le norme corporative” sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721. 

Art. 2097. Durata del contratto di lavoro. (1)

[Il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato, se il termine non risulta dalla specialità del rapporto o da atto scritto.

In quest’ultimo caso l’apposizione del termine è priva di effetto, se è fatta per eludere le disposizioni che riguardano il contratto a tempo indeterminato.

Se la prestazione di lavoro continua dopo la scadenza del termine e non risulta una contraria volontà delle parti, il contratto si considera a tempo indeterminato.

Salvo diversa disposizione delle norme corporative se il contratto di lavoro è stato stipulato per una durata superiore a cinque anni, o a dieci se si tratta di dirigenti, il prestatore di lavoro può recedere da esso trascorso il quinquennio o il decennio, osservata la disposizione dell’articolo 2118]

(1) Articolo abrogato dall’art. 9 della Legge 18 aprile 1962, n. 230.

Art. 2098. Violazione delle norme sul collocamento dei prestatori di lavoro.

Il contratto di lavoro stipulato senza l’osservanza delle disposizioni concernenti la disciplina della domanda e dell’offerta di lavoro può essere annullato, salva l’applicazione delle sanzioni penali.

La domanda di annullamento è proposta dal pubblico ministero, su denunzia dell’ufficio di collocamento, entro un anno dalla data dell’assunzione del prestatore di lavoro.

§ 2 – Dei diritti e degli obblighi delle parti

Art. 2099. Retribuzione.

La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta nella misura determinata [dalle norme corporative] (1), con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito.

In mancanza di [norme corporative o di] (1) accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice.

Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura.

(1) Le parole: “e le norme corporative” sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721. 

Art. 2100. Obbligatorietà del cottimo.

Il prestatore di lavoro deve essere retribuito secondo il sistema del cottimo quando, in conseguenza dell’organizzazione del lavoro, è vincolato all’osservanza di un determinato ritmo produttivo, o quando la valutazione della sua prestazione è fatta in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione.

[Le norme corporative determinano i rami di produzione e i casi in cui si verificano le condizioni previste nel comma precedente e stabiliscono i criteri per la formazione delle tariffe]  (1).

(1) Comma abrogato per effetto della soppressione dell’ordinamento corporativo.

Art. 2101. Tariffe di cottimo.

[Le norme corporative possono stabilire che le tariffe di cottimo non divengano definitive se non dopo un periodo di esperimento.

Le tariffe possono essere sostituite o modificate soltanto se intervengono mutamenti nelle condizioni di esecuzione del lavoro, e in ragione degli stessi. In questo caso la sostituzione o la variazione della tariffa non diviene definitiva se non dopo il periodo di esperimento stabilito dalle norme corporative](1).

L’imprenditore deve comunicare preventivamente ai prestatori di lavoro i dati riguardanti gli elementi costitutivi della tariffa di cottimo, le lavorazioni da eseguirsi e il relativo compenso unitario. Deve altresì comunicare i dati relativi alla quantità di lavoro eseguita e al tempo impiegato.

(1) I primi due commi del presente articolo devono riternersi abrogati per effetto dell’abrogazione dell’ordinamento corporativo con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2102. Partecipazione agli utili.

Se [le norme corporative o] (1) la convenzione non dispongono diversamente, la partecipazione agli utili spettante al prestatore di lavoro è determinata in base agli utili netti dell’impresa, e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio, in base agli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato e pubblicato.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

 

Art. 2103. Prestazione del lavoro. (1)

Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.

In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale.

Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.

Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi.

Nelle ipotesi di cui al secondo e al quarto comma, il mutamento di mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.

Nelle sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.

Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.

Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Salvo che ricorrano le condizioni di cui al secondo e al quarto comma e fermo quanto disposto al sesto comma, ogni patto contrario è nullo.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 3, comma 1, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, a decorrere dal 25 giugno 2015, ai sensi di quanto disposto dall’art. 57, comma 1 del medesimo D.Lgs. 81/2015.

Art. 2104. Diligenza del prestatore di lavoro.

Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.

Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.

Art. 2105. Obbligo di fedeltà.

Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.

Art. 2106. Sanzioni disciplinari.

L’inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo alla applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione [e in conformità delle norme corporative]. (1)

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2107. Orario di lavoro.

La durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro non può superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali [o dalle norme corporative]. (1)

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2108. Lavoro straordinario e notturno.

In caso di prolungamento dell’orario normale, il prestatore di lavoro deve essere compensato per le ore straordinarie con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario.

Il lavoro notturno non compreso in regolari turni periodici deve essere parimenti retribuito con una maggiorazione rispetto al lavoro diurno.

I limiti entro i quali sono consentiti il lavoro straordinario e quello notturno, la durata di essi e la misura della maggiorazione sono stabiliti dalla legge [o dalle norme corporative]. (1)

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2109. Periodo di riposo.

Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana di regola in coincidenza con la domenica.

Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.

L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie.

Non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’articolo 2118.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2110. Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio.

In caso di infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge [o le norme corporative] (1) non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.

Nei casi indicati nel comma precedente, l’imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell’articolo 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.

Il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere computato nell’anzianità di servizio.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2111. Servizio militare.

La chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva risolve il contratto di lavoro [salvo diverse disposizioni delle norme corporative]. (1)

In caso di richiamo alle armi, si applicano le disposizioni del primo e del terzo comma dell’articolo precedente.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2112. Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda.

In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.

Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’articolo 2119, primo comma.

Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.

Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

Art. 2113. Rinunzie e transazioni

Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide.

L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile. (1)

(1) Comma modificato  dalla L. 4 novembre 2010, n. 183. Successivamente, il presente comma era stato modificato dall’art. 7, comma 1, D.L. 12 settembre 2014, n. 132; tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 10 novembre 2014, n. 162).

§ 3 – Della previdenza e dell’assistenza

Art. 2114. Previdenza ed assistenza obbligatorie.

Le leggi speciali [e le norme corporative] (1) determinano i casi e le forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e le contribuzioni e prestazioni relative.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2115. Contribuzioni.

Salvo diverse disposizioni della legge [o delle norme corporative] (1) l’imprenditore e il prestatore di lavoro contribuiscono in parti eguali alle istituzioni di previdenza e di assistenza.

L’imprenditore è responsabile del versamento del contributo, anche per la parte che è carico del prestatore di lavoro, salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali.

È nullo qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2116. Prestazioni.

Le prestazioni indicate nell’articolo 2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali [o delle norme corporative]. (1)

Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2117. Fondi speciali per la previdenza e l’assistenza.

I fondi speciali per la previdenza e l’assistenza che l’imprenditore abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di lavoro, non possono essere distratti dal fine al quale sono destinati e non possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori dell’imprenditore o del prestatore di lavoro.

§ 4 – Dell’estinzione del rapporto di lavoro

Art. 2118. Recesso dal contratto a tempo indeterminato.

Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2119. Recesso per giusta causa.

Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede, per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente.

Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda.

Art. 2120. Disciplina del trattamento di fine rapporto.

In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso le stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.

La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:

a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;

b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile (1).

L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.

Nell’ipotesi di cui all’articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall’indennità prevista dalla norma medesima.

Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da atti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione.

(1) Dichiarata illegittimità di questa lettera, dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 142 del 5 aprile 1991, nella parte in cui non prevede la possibilità di concessione dell’anticipazione in ipotesi di acquisto “in itinere” comprovato con mezzi idonei a dimostrare l’effettività.

Art. 2121. Computo dell’indennità di mancato preavviso.

L’indennità di cui all’articolo 2118 deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l’indennità suddetta è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato.

Fa parte della retribuzione anche l’equivalente del vitto e dell’alloggio dovuto al prestatore di lavoro.

Art. 2122. Indennità in caso di morte.

In caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate dagli articoli 2118 e 2120 devono corrispondersi al coniuge, ai figli e se vivevano a carico del prestatore di lavoro ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado.

La ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno.

In mancanza delle persone indicate nel primo comma, le indennità sono attribuite secondo le norme della successione legittima.

È nullo ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro circa l’attribuzione e la ripartizione delle indennità.

Art. 2123. Forme di previdenza.

Salvo patto contrario, l’imprenditore che ha compiuto volontariamente atti di previdenza può dedurre dalle somme da lui dovute a norma degli articoli 2110, 2111 e 2120 quanto il prestatore di lavoro ha diritto di percepire per effetto degli atti medesimi.

Se esistono fondi di previdenza formati con il contributo dei prestatori di lavoro, questi hanno diritto alla liquidazione della propria quota, qualunque sia la causa della cessazione del contratto.

Art. 2124. Certificato di lavoro.

Se non è obbligatorio il libretto di lavoro, all’atto della cessazione del contratto, qualunque ne sia la causa, l’imprenditore deve rilasciare un certificato con l’indicazione del tempo durante il quale il prestatore di lavoro è stato occupato alle sue dipendenze e delle mansioni esercitate.

Art. 2125. Patto di non concorrenza.

Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo.

La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata.

§ 5 – Disposizioni finali

Art. 2126. Prestazione di fatto con violazione di legge.

La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa.

Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.

Art. 2127. Divieto d’interposizione nel lavoro a cottimo.

È vietato all’imprenditore di affidare ai propri dipendenti lavori a cottimo da eseguirsi da prestatori di lavoro assunti e retribuiti direttamente dai dipendenti medesimi.

In caso di violazione di tale divieto, l’imprenditore risponde direttamente, nei confronti dei prestatori di lavoro assunti dal proprio dipendente, degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro da essi stipulati.

Art. 2128. Lavoro a domicilio.

Ai prestatori di lavoro a domicilio si applicano le disposizioni di questa sezione, in quanto compatibili con la specialità del rapporto.

Art. 2129. Contratto di lavoro per i dipendenti da enti pubblici.

Le disposizioni di questa sezione si applicano ai prestatori di lavoro dipendenti da enti pubblici salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge.

Sezione IV – Del tirocinio

Art. 2130. Durata del tirocinio.

Il periodo di tirocinio non può superare i limiti stabiliti [dalle norme corporative o] (1) dagli usi.

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

Art. 2131. Retribuzione.

La retribuzione dell’apprendista non può assumere la forma del salario a cottimo.

Art. 2132. Istruzione professionale.

L’imprenditore deve permettere che l’apprendista frequenti i corsi per la formazione professionale e deve destinarlo soltanto ai lavori attinenti alla specialità professionale a cui si riferisce il tirocinio.

Art. 2133. Attestato di tirocinio.

Alla cessazione del tirocinio, l’apprendista, per il quale non è obbligatorio il libretto di lavoro, ha diritto di ottenere un attestato del tirocinio compiuto.

Art. 2134. Norme applicabili al tirocinio.

Al tirocinio si applicano le disposizioni della sezione precedente, in quanto siano compatibili con la specialità del rapporto e non siano derogate da disposizioni delle leggi speciali [o da norme corporative] (1).

(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.


(Titolo II: Capo II>)